Libri / "I senza Dio" di Remo Bodei
Remo Bodei. I senza Dio. Figure e momenti dell’ateismo.
A cura di Gabriella Caramore. Brescia, Ed. Morcelliana 2000, Collana “Uomini e Profeti
pp. 99, € 8,26.
ISBN 8837218095
In questo libro Remo Bodei opera una riflessione sull’ateismo e sul
rapporto che questo fenomeno ha con la fede, offrendo numerosi spunti di
riflessione, di discussione e di critica, nonché dei suggerimenti di
lettura sull’argomento.
Incalzato dalle domande (a mio avviso un po’ tendenziose), di
Gabriella Caramore, curatrice della collana «Uomini e profeti», esamina i
diversi significati attribuiti al termine “ateo” nel corso della storia
ma, non essendo un libro di storia dell’ateismo, la trattazione
dell’argomento non segue una cronologia definita; l’andare e venire tra i
secoli (ma anche l’accenno ai grandi della letteratura, del mondo
politico, scientifico e filosofico), permette di individuare tre grandi
correnti di interrogazione, cioè le modalità usate per rapportarsi al
pensiero di Dio - con particolare riferimento alla cultura occidentale
-: in primis, l’ateismo come avvio per la libertà umana (da Prometeo
contro Zeus al personaggio di Dostoevskij, Kirillov, che dichiara il
libero arbitrio negando l’esistenza di Dio); secondariamente l’ateismo
come risposta all’indifferenza di Dio, atteggiamento di fondo del mondo
greco, ma anche rintracciabile in personaggi del nostro secolo (in
Lucrezio il soprannaturale è qualcosa che non si interessa del benessere
e della felicità degli umani, in Camus o nel personaggio sartriano,
Goetz che invoca il Cielo senza ottenere risposta); in terzo luogo come
conseguenza della domanda sul male del mondo (entra qui in causa la
constatazione di poter raggiungere pace e giustizia senza “scomodare” un
dio, oppure il perpetrare degli scempi sull’Umanità malgrado un dio o
addirittura in suo nome).
Bodei spazia dalle concezioni di Bruno e quelle di Spinoza, da
Nietzche a Marx, dalle posizioni di Leopardi a quelle di Goethe, da
Gramsci a Croce, fino a contemplare il pensiero di Levinas, di Ricoeur e
di Wiesel (e altri), fornendo un quadro articolato e leggibile delle
complesse implicazioni che ha posto e che pone l’ateismo, sempre
affiancato dal discorso sulla fede.
Né un’apologia dell’ateismo, né un’apologia della fede, ma una sorta
di interdipendenza con il pieno riconoscimento a entrambi di una propria
legittimità e di un proprio ruolo in cui sia l’interrogazione su Dio,
sia la negazione di Dio nascono intorno alle grandi domande che
l’Umanità si pone. La nascita, la morte, il dolore, la malattia, l’amore
e tutti quei sentimenti che non si prestano a essere dimostrati, ma che
presuppongono una fede immediata o mediata, rappresentano il ventaglio
dei quesiti tipicamente umani ai quali la religione tenta di offrire una
risposta.
Il punto da chiarire, per Bodei, visto che è difficile pensare che
non esista un’umanità indifferente a tali questioni, è come l’ateo si
pone nel tentativo di fronteggiarle e viverle. Chi segue il proprio
cammino “senza un dio” accetta senza riserve di affrontare la vita con
pienezza e responsabilità, «cercando di fondare una morale e un
criterio di convivenza sulla base della coscienza e del potere
dell’umanità e non su quello che si richiama a (presunte) forze esterne».
Bodei non gradisce la parola “ateo” perché induce a pensare a qualcuno che non crede a niente, «mentre,
invece, uno che non crede alle religioni rivelate può comunque credere
negli uomini, nelle proprie possibilità, nel mistero non ancora rivelato
delle cose». Ciò rappresenta il tentativo più coraggioso e difficile che una persona possa realizzare.
Il filosofo conclude con una domanda: «Davvero è maledetto l’uomo che non confida in Dio?»,
in riferimento a ciò che aveva scritto il profeta Geremia (17,5-11).
Ciò quasi a voler lasciare sempre aperta la porta al dubbio, come a dire
che, non avendo trovato una soluzione per comprendere tutti gli aspetti
della realtà, si ritiene pronto ad aprirsi a nuove prospettive e a
cambiare percorso ove se ne presenti l’occasione.
Un’affermazione di Bodei ha colpito chi vi scrive: «Oggi l’ateo
non è più considerato un mostro, non è più un’eccezione… ci appaiono
sbiaditi quei sospetti (inaffidabilità e opportunismo n.d.r.) che
avevano accompagnato l’ateismo non solo sul piano religioso ma anche sul
piano morale».
Allora mi chiedo: siamo veramente sicuri che sia proprio così o c’è
il rischio che questi sospetti stiano tornando in auge, a giudicare
dalla reticenza che molti nostri politici e non, dimostrano nel nominare
tale parola? Non sarà proprio per il timore di avere a che fare con
persone che tendono alla libertà, rifuggendo ogni dogma e demagogia che
intorno a noi si avverte aria di stantìo?
Personalmente dico che il
rischio c’è e allora, come fece Nietzsche, a suo tempo, occorre
sollecitare tutti gli atei a coalizzarsi e a far sentire la propria
voce, sistematicamente soffocata da un potere che ha tutto l’interesse
per farlo.
uaar.it
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