La violenza dei governi, degli Stati e dei mercati


C’è un filo rosso che lega il regime di Erdogan, il teatrino elettorale francese, la vicenda dei vaccini, la crisi della cooperazione internazionale, ma perfino la diffusione di importanti esperienze non statali (foto) che ripensano l’educazione? Forse sì, dice Enrico Euli: in modo diverso e limitato mostrano come si esprime la violenza degli Stati e dei mercati, il loro legame, ma anche le resistenze, spesso contraddittorie, di tanti e tante. Lo ha spiegato qualche tempo fa Raúl Zibechi in La nuova grande trasformazione, siamo alla fine di un periodo che segna un cambiamento enorme che comprende la fine dello stato sociale, quella della sovranità nazionale e quella delle democrazie. Lassù in alto è tutto marcio: si tratta di riconoscerlo e di essere disposti e liberarcene: dobbiamo creare mondi nuovi, fuori dagli Stati tradizionali e dai mercati, anche se è tutto maledettamente complicato.
Gabriele del Grande, appena arrivato all’aeroporto di Bologna, finalmente libero, ha dichiarato: non mi è stato torto un capello, ma sono stato vittima di una violenza istituzionale. Le istituzioni, e non solo quelle turche – sfacciatamente autoritarie -, sono ormai nemiche della libertà, comunque se ne ammantino. E comunque ci avvolgano, ci avviluppino, ci attornino e ci blandiscano.
Sino a quando stiamo lì, obbedienti e docili, va tutto bene fuorché noi e la nostra vera libertà. Ma appena disobbediamo, critichiamo, cerchiamo di divincolarci e svincolarci da esse, ecco che ci arrivano addosso ricatti, pressioni, minacce, attacchi, aggressioni. Al fine di farci paura, e farci così tornare nei ranghi. Non si può pensare che questo sistema di relazioni possa far crescere la fiducia tra cittadini e stati. Anzi, fanno aumentare il rifiuto, il boicottaggio coperto o scoperto, le trasgressioni clandestine, le resistenze e le renitenze.
Emmanuel Macron ha uno slogan, “En marche“, che però manca di un accento finale: il suo vero slogan dovrebbe essere “En marchè” (nel mercato). Niente di più convenzionale e scontato. L’unico che “ci marcia” è lui. Insieme alle borse che, non a caso, festeggiano. Eppure, è bastato che si sia presentato come un personaggio fuori dai partiti e ha conquistato in pochissimi mesi il voto di milioni di francesi. Ci si vuole liberare di qualcosa, confusamente magari, passando dalla padella alla brace probabilmente. Ma è un processo chiaro e lampante, di liberazione dai partiti, quello che è in corso oggi.
vaccini faranno pure bene alla salute, avranno ridotto la mortalità, avranno debellato molte malattie endemiche. Niente da eccepire, parlano i fatti. Tuttavia, un bel po’ di gente non si fida più dell’Organizzazione mondiale della salute, dei medici e dei farmacologi: li vede come una casta che difende i propri interessi istituzionali, i propri privilegi di parte. Il contenuto, questa volta, sono i vaccini, ma il problema sta soprattutto altrove: nell’arroganza di una nemesi medica senza scrupoli e senza ritegno.
Lo stesso vale per le Organizzazioni non governative e il loro ruolo nella questione migranti: salveranno pure migliaia di disperati al giorno, dedicheranno le loro vita al bene dell’umanità reietta e negletta. Ma molta gente non è stupida e vede quel che sta accadendo: gli stati, i trafficanti e le Ong ci marciano, sono collusi, stanno in piedi grazie ai poveracci, e vivono alle loro spalle. Non è in questione la bontà della polpa di salmone (anche se molti sono più che altro lepri in salmì); è il sistema della cooperazione e della solidarietà pietosa che non va, sarebbe onesto almeno ammetterlo.
Nei giorni scorsi sono stato coinvolto nell’organizzazione di una serie di incontri all’Università di Cagliari sulle scuole libertarie e non statali: anche qui è sempre più evidente che lo stato sta perdendo il monopolio dell’istruzione scolastica. Le famiglie non si fidano più: non vogliono più affidare i loro figli a scatola chiusa a un sistema malmesso, autoritario e arrogante. Preferiscono cercare o creare altre strade. E nascono scuoline e scuolette autofinanziate e autogestite. Ancora una volta: non si rifiuta l’educazione, ma chi la vuole imporre a modo suo e per i suoi esclusivi fini.
Insomma, in questa festa della Liberazione chiediamoci: chi sono i nazifascisti e i totalitari oggi? Non lasciamoci distrarre da leghisti, lepenisti e poundisti, non coglieremmo nel segno. Quelli sono soltanto l’effetto reattivo e sussidiario di una causa ben più profonda: la violenza degli Stati e dei mercati. Non possiamo avere l’una senza gli altri. Ma chi è disposto a riconoscerlo e a liberarsene?

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