Arrivano nuove conferme: la marijuana combatte il cancro
Con nuovi studi a confermarne l'efficacia, aumenta tra i ricercatori la convinzione che il cannabidiolo (Cbd) presente nella maijuana rallenta la crescita delle cellule tumorali e inibisce la formazione di cellule che nutrono i tumori, contribuendo così a combattere il cancro e le metastasi.
Già note, poi, le capacità di queste sostanze di ridurre il dolore,
la nausea e altri effetti correlati alla malattia e alla chemioterapia.
Come riporta il Newsweek, già nel 2007 uno studio del California Pacific Medical Center
mostrava come il cannabidiolo uccida le cellule tumorali nei pazienti
con cancro al seno, distruggendo i tumori maligni e "spegnendo" il gene
ID-1, una proteina che gioca un ruolo chiave nel diffondere il male alle
altre cellule.
Questo gene, nei soggetti sani, è attivo solo durante lo sviluppo embrionale. Ma nei malati di tumore al seno, e di molti altri tumori maligni in stato avanzato, si è visto che questo gene è attivo e provoca le metastasi, favorendo il passaggio della malattia alle cellule sane. "Ci sono dozzine di tumori aggressivi che attivano questo gene", hanno spiegato i ricercatori, e il cannabidiolo riesce a fermarlo, presentandosi quindi come una cura potenzialmente senza precedenti: ferma il male come la chemioterapia ma, a differenza di quest'ultima, che uccide ogni genere di cellula che incontra e devasta il corpo e lo spirito dei malati, riesce a bloccare solo "quella" particolare cellula maligna.
"Il cannabidiolo offre la speranza di una cura non tossica per migliaia di pazienti", ha detto lo studioso McAllister,
a capo del gruppo di ricerca. Da allora però non sono ancora stati
condotti test clinici, indispensabili per confermare nell'uomo l'effetto
visto in laboratorio. McAllister insomma sta ancora cercando fondi per
testare sui malati di tumore l'effetto di questa cura. Nel frattempo, il
suo gruppo di studio sta analizzando in laboratorio se è possibile e
fruttuoso combinare una cura a base di Cbd con una blanda chemioterapia.
Le sue ricerche hanno già mostrato che l'effetto del cannabidiolo viene
in questo modo potenziato: i chemioterapici diventano allo stesso più
potenti e meno tossici, perché è possibile ridurli drasticamente.
La scoperta dell'efficacia di queste sostanze si deve a Cristina Sanchez, una giovane biologa della Complutense University di Madrid.
Stava studiando il metabolismo cellulare, analizzando le cellule
tumorali del cervello, che crescono molto più velocemente delle cellule
normali. Per caso, notò che queste morivano ogni volta che erano esposte
ai tetracannabinoidi, il famoso Thc che provoca gli effetti psicoattivi della marijuana. Proseguì le sue ricerche e nel 1998 pubblicò i suoi studi, dimostrando che il Thc induce l'apoptosi,
ovvero la morte delle cellule di una forma particolarmente aggressiva
di tumore cerebrale. Successivamente furono molte le conferme, condotte
in diversi Paesi, che il Thc e altri derivati della marijuana — i
cannabinoidi — hanno effetti direttamente antitumorali (eccone un esempio riguardo al tumore al polmone).
Il primo test clinico sull'uomo fu
condotto in Spagna nel 2006. I ricercatori somministrarono THC a nove
malati di tumore al cervello, che non avevano avuto benefici dalle
terapie tradizionali, inserendolo direttamente nelle cellule malate con
un catetere. Tutti e nove videro la proliferazione del tumore ridursi
significativamente, e i risultati furono pubblicati su Nature. Nel frattempo gli studiosi della Harvard University trovarono gli stessi effetti per i tumori al polmone.
La cosa più sorprendente che notarono fu il fatto che il Thc colpisce
solo le cellule tumorali, lasciando indisturbate le cellule sane.
Recenti studi alla St. George's University di Londra hanno poi visto effetti simili sulla leucemia, con test pre-clinici. A fine luglio, l'ultimo congresso della International Cannabinoid Research Society
ha messo intorno a un tavolo tutti i maggiori esperti sul tema a
Friburgo, in Germania, con interessanti contributi anche da parte di
studiosi italiani, che hanno parlato dei cannabinoidi come della "più potente arma a disposizione per l'eliminazione delle cellule tumorali nel cancro alla prostata", mentre ricercatori della Lancaster University hanno riportato simili conclusioni per quanto riguarda il tumore del colon.
Tutto questo apre nuovi e promettenti scenari nella lotta al tumore.
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