Arrivano i piatti a base di pesce "solidale"

A Porto Santo Stefano usano reti che rispettano l'ecosistema. L'aiuto dei gruppi di acquisto.

Al cenone dei gruppi di acquisto si aggiunge il pesce. «È un privilegio che impegna perché siamo tutti volontari. Però non ha prezzo festeggiare l’arrivo del nuovo anno con un cenone a base di questo pesce».

Mauro Fumagalli ci crede e come lui centinaia di famiglie lombarde che hanno deciso di imbandire la tavola con il pesce sostenibile dei pescatori di Porto Santo Stefano, in provincia di Grosseto.

L’appuntamento è alle sei di sera in una strada di Milano, temperatura glaciale e una decina di persone che aspettano il pesce più fresco e sostenibile che il mercato possa offrire. È così che fanno la spesa i gruppi di acquisto solidale, sempre più numerosi e convinti che l’economia del mondo e la preservazione dell’ecosistema ruotino intorno alla tavola.

Acquistano direttamente grandi quantitativi di ortaggi e frutta preferibilmente biologici, formaggi e carne derivati da animali allevati in modo sostenibile, ma anche olio, vino, farine e perfino castagne purché i produttori superino i rigorosi e ripetuti controlli dei volontari in missione. Mancava il pesce, «perché», spiega Fumagalli, «il pescato segue gli umori del mare e noi prendiamo quello che i pescatori riescono a raccogliere con le loro reti a tramaglio, quelle che non distruggono i fondali».

Non si possono definire idealisti fintanto che la loro azione di rottura degli schemi della distribuzione riesce davvero ad avere conseguenze dirette sulle micro economie dei loro produttori-fornitori, generalmente compressi dai mercati che puntano a omologare e ad abbassare i prezzi a scapito della tipicità e sostenibilità. 

È ciò che si sta realizzando con il progetto della pesca sostenibile iniziato nel 2008, dopo l’inchiesta che ho realizzato per Report sulla pesca selvaggia intitolata “Mare nostrum”

Il Mediterraneo è il mare più sfruttato e non a caso l’Italia importa il 70 per cento del pesce dall’estero. Una pesca selvaggia immersa in un mare sempre più povero e nelle solite scelte politiche a favore dei pescatori che orientano il mercato e i prezzi, sostenuti da sindacati e politici che non guardano alla tutela della risorsa ma dei propri interessi di bottega. A questo si aggiungono i controlli della guardia costiera a dir poco distratta e il fritto misto è fatto. Con seppie importate dal Marocco, però. 

Ma in questo mare desolante ci sono pescatori come Paolo Fanciulli, che ogni notte getta in acqua la rete da posta detta tramaglio in grado di trattenere solo i pesci adulti e che, a differenza dei pescherecci a strascico che praticano la pesca illegale sotto costa, non devasta la posidonia e le nursery consentendo la ripopolazione delle specie ittiche. 

Fanciulli combatte da vent’anni quel tratto di costa devastato che è risorsa per i pescatori artigianali come lui, isolati e sottopagati dal mercato che privilegia i fornitori di grandi quantità. Finché non sono arrivati i gruppi di acquisto solidali. Che mangiano pesce davvero fresco (e non decongelato) e italiano, consapevoli che a volte le etichette mentono sulla provenienza italiana.
Mauro Fumagalli mentre carica decine di scatole da portare al GAS della sua zona (ogni gruppo ha un capofila volontario che ritira la fornitura da distribuire alle altre famiglie) ricorda il progetto “per aiutare Fanciulli a calare in mare nuovi blocchi di cemento a protezione della costa”.

Nel 2006 grazie a una colletta e nel silenzio assordante di ambientalisti e politici, Fanciulli organizzò una striscia di protezione di fronte al parco dell’Uccellina. I numerosi dissuasori in cemento, legati uno all’altro, servivano a tenere alla lontana i pescherecci a strascico abituati a varcare la zona proibita per rubare il pesce proibito con le loro reti devastanti. 

Quei blocchi hanno ripopolato la zona di fauna ittica al punto da far tornare i delfini.






corriere.it

Commenti

Post popolari in questo blog

Orge omosessuali in Vaticano, ecco i nomi degli ecclesiastici finiti sotto accusa

Fotovoltaico al grafene: potente quasi quanto l'uranio

Cairo-Dock 3.2 migliora il supporto per Multi-screen e Ubuntu 13.04