Libri / "L’unto del Signore" di Ferruccio Pinotti e Udo Gümpel (2009)
Su Silvio Berlusconi ormai pare si sia detto tutto. Al centro della
scena politica e mediatica da anni, nonostante tutto e nonostante tutti,
fa parlare sempre e comunque di sé. Su un aspetto invece le indagini
(giornalistiche e giudiziarie) che ne sezionano la vita non sembrano
focalizzare molto l’attenzione: i suoi rapporti col Vaticano, col mondo
cattolico in generale e con la finanza “bianca” in particolare. Questa
approfondita e complessa inchiesta giornalistica, scritta a quattro mani
da Ferruccio Pinotti e Udo Gümpel, aiuta a colmare questa lacuna: non
solo cercando di fare chiarezza su un complesso intreccio dove politica e
finanza si confondono e fornendo informazioni volutamente ignorate o
inedite, ma riuscendo grazie ad esse ad inquadrare la storia economica e
politica di Silvio Berlusconi in una prospettiva inedita. Come fanno
notare gli autori, aver messo in secondo piano certi rapporti
strutturali con l’universo cattolico e aver focalizzato troppo
l’attenzione su altro – non ultimi, gli aspetti caratteriali espliciti e
financo goderecci o libertini del personaggio – ha contribuito a
diffondere «un’immagine ultra-laica di Berlusconi, a tratti persino laicista», di un personaggio che si ritiene a torto «fenomeno a sé stante, frutto di forze laiche, liberali, massoniche».
In realtà, Berlusconi è prima di tutto un «cattolico convinto, sia pure sui generis»
(come d’altronde, verrebbe da dire, la maggior parte di coloro che si
definiscono “cattolici”) e ha sempre ribadito questa sua affiliazione
religiosa, ergendosi spesso e volentieri a paladino della morale e dei
valori sostenuti dalla Chiesa e – particolare nient’affatto secondario –
ha sistematicamente utilizzato l’armamentario simbolico e linguistico
della tradizione religiosa, spesso accostandosi ad una vera e propria
figura cristologica, che deve portare la sua “croce” per il bene del
paese, che si considera un perseguitato e che insiste sulla divisione
manichea tra bene e male anche in politica. Tale approccio non deriva
unicamente e in maniera banale dall’utilizzo spregiudicato e recente
della religione per consolidare il potere, ma è frutto di una storia che
parte da lontano, dai rapporti decisivi intessuti tra Silvio Berlusconi
e alcune importanti componenti culturali, politiche e finanziarie del
cattolicesimo italiano e coi vertici della Chiesa, nel corso dei
decenni. D’altronde, gli autori parlano di una vera e propria sinergia: «le gerarchie vaticane più aduse al potere si sono servite e si servono di Berlusconi per raggiungere i propri scopi» ma «è altrettanto vero che il Cavaliere ha fatto del Vaticano e di un certo mondo cattolico il suo instrumentum regni».
Berlusconi, cresciuto in una famiglia cattolica ed istruito dai
Salesiani, coltiva fin dagli anni giovanili stretti rapporti con
personaggi vicini all’Opus Dei (come Marcello Dell’Utri). Il padre scala
la piccola e apparentemente sonnolenta Banca Rasini di Milano, istituto
che ha invece rapporti stretti con la finanza cattolica più potente e
controversa (tra gli altri, Michele Sindona, Roberto Calvi e
l’ineffabile Herbert Batliner), col mondo politico (l’ala andreottiana
della Democrazia Cristiana e quella craxiana del Partito Socialista).
Banca che sosterrà le prime attività imprenditoriali di Silvio
Berlusconi nel campo dell’edilizia negli anni Sessanta e nei Settanta «la complessa costruzione societaria delle holding che detenevano il controllo della Fininvest».
Tale sostegno, che secondo gli autori vedeva Andreotti come regista e
stratega (tanto da far parlare di Berlusconi come vera e propria “pedina
andreottiana”), era funzionale alla conquista da parte della finanza
cattolica di settori fino a quel momento controllati da quella “laica”,
che aveva ad esempio come quotidiano di riferimento «Il Corriere della
Sera». Non è un caso che, in tempi recenti, la scalata al quotidiano
milanese abbia coinvolto personaggi legati a quella finanza “bianca”,
come il banchiere Giampiero Fiorani e l’immobiliarista parvenu Stefano
Ricucci e l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio.
Altro fattore che aiuta a comprendere l’ascesa imprenditoriale di Berlusconi è la sua capacità di inserirsi nell’«alleanza che esiste tra speculazione edilizia, sanità privata e potere economico» - settore progressivamente colonizzato da interessi cattolici «sin
dai tempi in cui Sua Sanità, il cardinale Fiorenzo Angelini, e Giulio
Andreotti decidevano le strategie di questo settore essenziale del
welfare» – e di sfruttarla a proprio vantaggio, come dimostrano gli
stretti rapporti tra l’imprenditore che costruì Milano 2 e don Luigi
Verzé, gigante della sanità privata cattolica che edificò il suo primo
ospedale, il San Raffaele, proprio in quelle aree. Indicativo poi che
Berlusconi abbia sostenuto dalla fine degli anni Settanta il movimento
Comunione e Liberazione, finanziando la rivista «Il Sabato». Proprio da
CL usciranno poi fedelissimi di Berlusconi, come il futuro governatore
della Lombardia Roberto Formigoni, che ha permesso a Comunione e
Liberazione di egemonizzare le strutture pubbliche, in particolare
quella sanitaria.
La discesa in campo di Berlusconi viene fin dall’inizio guardata con
favore dai vertici della Chiesa, poiché il Cavaliere appare come una
figura che può ricompattare il mondo politico cattolico dopo la
dissoluzione della DC nel ciclone di Tangentopoli e impedire l’ascesa
dei “comunisti”, nonostante i malumori di alcune realtà cattoliche di
base. In questa fase il Vaticano arriva a difendere Berlusconi, che si
trova invischiato nei processi, caldeggia l’alleanza tra gli settori
ex-DC e Forza Italia e contesta al contempo la Lega, che all’inizio è
molto critica verso i favori che lo stesso Berlusconi fa alla Chiesa, in
termini di finanziamenti e privilegi. D’altronde la Lega, con annessa
banca Credieuronord e giornale «La Padania» – particolare poco noto –
verrà salvata dalla bancarotta proprio per intervento di Berlusconi e
dalla finanza “bianca” di Fiorani, con conseguente silenzio della
polemica leghista nei confronti del Cavaliere e con soddisfazione della
Chiesa. Il clericalismo di Berlusconi si consolida negli anni: sia con
una serie di provvedimenti tesi a dare sostegno e privilegi a
istituzioni legate al mondo cattolico, anche di alto livello (dalle
scuole private – penalizzando quelle pubbliche – alle università legate
all’Opus Dei), cosa che ne consolida l’egemonia sul sistema pubblico;
sia con la regolare propaganda per ingraziarsi la Chiesa (si veda, ad
esempio, l’opuscolo inviato alle parrocchie per le elezioni 2006 e
intitolato I frutti e l’albero, «audace captatio benevolentiae»);
sia con l’arginamento sistematico dei tentativi di rendere più laica la
legislazione italiana: emblematiche in tal senso l’opposizione
all’approvazione di norme che tutelino le coppie di fatto e l’attivismo
aggressivo e accusatorio quando esplose il “caso Englaro”.
Si consideri d’altronde che il libro è stato dato alle stampe poco
prima della sentenza della Corte di Strasburgo sull’imposizione dei
crocifissi nelle scuole, questione che ha reso ancor più palese
l’approccio clericale del governo Berlusconi e la sua sinergia con i
vertici della Chiesa. Alla luce anche delle esagitate reazioni politiche
a quella sentenza, la ricostruzione degli autori sui legami tra
Berlusconi e la Chiesa trova un altro elemento – nel caso fosse
necessario – di conferma.
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