Riforma sanitaria Lorenzin - Medicina di classe
In
“1984” di Orwell, il Grande Fratello, annunciando alla popolazione una
riduzione di alcune razioni alimentari, contando sulla “scarsa” memoria
dei propri sudditi, millantava di aver incrementato quello che invece
aveva ridotto. Tutti i regimi, soprattutto quelli populisti, per
ingraziarsi la popolazione, spacciano per riforme migliorative (e quindi
positive) quelli che invece sono peggioramenti della qualità della
vita. Ed a questa regola anche Renzi ed il suo governo si sono adeguati.
Com’è
noto, il governo Renzi ha varato un provvedimento – teso formalmente a
ridurre gli sprechi nel settore sanitario – che renderà difficile al
cittadino medio accedere a 208 prestazioni specialistiche, dalle cure
odontostomatologiche a vari esami ematochimici, nonché ad esami
radiologici fondamentali come TAC e RMN, e altro ancora. Nella visione
del Ministro della Salute Lorenzin, relatrice formale del provvedimento,
dovranno essere i medici, di base e specialisti, a decidere, sulla base
di “criteri di appropriatezza” stabiliti a livello governativo, chi
potrà continuare ad accedere gratuitamente a queste prestazioni e chi,
invece, potrà farlo solo pagando. I criteri già noti (il provvedimento
non è ancora giunto in fase esecutiva) prevedono l’esenzione dal
pagamento solo per alcune categorie di cittadini
(i minori di 14 anni, i portatori di alcune patologie, tra cui quelle
oncologiche, e chi si trova “in gravi difficoltà economico-sociali”). In
particolare, per questi ultimi le valutazioni verranno fatte in base
all’ISEE, la cui approssimazione e parzialità, nonché i danni che ne
derivano, sono fattori ben conosciuti. Non intendo analizzare il ruolo
che verranno chiamati a ricoprire i medici, le cui organizzazioni
categoriali hanno già espresso la loro contrarietà al provvedimento (la
loro eventuale richiesta di una di queste prestazioni, se non congrua
con i criteri di appropriatezza governativa, potrà essere loro
sanzionata economicamente). Mi interessa invece analizzare quelli che
sono i presupposti dell’operazione. Si dichiara preliminarmente che
“bisogna tagliare le spese sanitarie inutili e troppo costose”,
riducendo il ricorso, da parte dei medici, alla cosiddetta medicina
difensiva, cioè quella che prevede l’adozione di una strategia che,
adeguandosi alle richieste dei pazienti, le accoglie completamente per
evitare di venir chiamati a rispondere davanti alla magistratura per
aver causato, per negligenza, danni alla salute. In realtà, l’operazione
si propone solamente l’obiettivo di ridurre la spesa, e lo fa
suddividendo i cittadini in tre categorie: quelli che potranno
continuare ad accedere alle prestazioni (per patologia, o per altre…
risorse personali), quelli che potranno permettersi di pagarle e quelli
che non potranno permetterselo. Una Medicina di classe, quindi, che fa
piazza pulita una volta per tutte delle residue velleità
della Medicina preventiva (da non confondersi assolutamente con quella
“difensiva”), prevista ma mai completamente attuata della Riforma
Sanitaria della Legge 833 del 1978.
non è una
questione teorica: basti pensare al taglio delle prestazioni
odontoiatriche. Non tutti sanno che molte prestazioni fondamentali -
tra cui estrazioni dentarie e cure canalari – finora vengono servite dal
Servizio Sanitario Nazionale, previo pagamento di un ticket (se non
esenti), e che la qualità di tali prestazioni, se fornite da strutture
collegate alle Facoltà di Medicina, è in genere di buona qualità.
Chiaramente i dentisti libero professionisti si sentono ora molto
gratificati, visto che la platea dei loro potenziali clienti è destinata
ad aumentare. Ma le spese dentistiche sono care, e molti non se le
possono permettere. È facile prevedere che il risultato di tale
operazione sarà quello di tenere lontani dal dentista quelli che non se
lo possono permettere, perlomeno fino all’esplosione di patologie acute
che renderanno necessario il ricorso al Pronto Soccorso. E le patologie
del cavo orale, se trascurate, possono essere molto pericolose.
Analogamente, il mancato ricorso a prestazioni diagnostiche e di
laboratorio, se lasciate alle legge del mercato ed alle capacità di
spesa delle singole famiglie, potrà facilmente portare ad un peggioramento della salute e delle prospettive di vita della parte più debole della popolazione.
È un ritorno alla “Salute di classe”: chi ha i soldi può avere le cure, e gli altri che si arrangino.
È
una forma neanche tanto attenuata del metodo nazista “Ausmerzen”,
selezione innaturale della popolazione, forma di eugenetica in voga in
Germania tra il 1933 e il 1945.
Il provvedimento
governativo del taglio delle prestazioni non è però la fase iniziale di
un processo di riduzione del servizio sanitario pubblico, ma giunge
dopo che le Regioni, indistintamente se governate da giunte
dichiaratamente di destra oppure di pseudo-sinistra, hanno portato
avanti da molti anni una politica di progressiva riduzione del servizio
sanitario pubblico. La direzione intrapresa è sempre la stessa: una
diminuzione delle prestazioni pubbliche in favore di quelle fornite da
strutture private. Si inizia tagliando i posti letto negli Ospedali.
Emblematico – e generalizzabile – è quanto accaduto a Trieste negli
ultimi 30 anni. La chiusura di alcuni Ospedali specializzati nella cura
di anziani e non autosufficienti, nonché di interi reparti di medicina
generale, ha portato i posti letto degli Ospedali pubblici cittadini
progressivamente da circa 4.000 a meno di 1.000. Parallelamente le Case
di cura e le Cliniche private, le Residenze polifunzionali e così via,
all’inizio poco diffuse, sono progressivamente, ma in maniera
irrefrenabile, aumentate sia di numero che di capacità ricettiva. Il tutto – ovviamente – scaricando perlomeno buona parte dei costi sulle famiglie. Il passo successivo è
quello della chiusura degli Ospedali di zona, con la scusa che i costi
sono troppo alti per giustificare la loro esistenza, con la solita
formula degli “scarsi bacini di utenza”. Anche se alla fine si scopre
che i costi legati alla centralizzazione dei servizi non permettono in
realtà nessun vero risparmio di spesa, ormai la frittata è fatta.
Emblematico è il caso della Sanità toscana, che ha visto in questi
ultimi anni progressivamente – e drammaticamente – la chiusura di tutta
una serie di strutture locali. In mancanza di strutture alternative –
pubbliche, ovviamente – chi ha bisogno di prestazioni anche di basso
impatto tecnologico è costretto a fare delle peregrinazioni, con tutto
quello che ciò comporta. Altro passo fondamentale è quello
dell’esternalizzazione: si iniza in genere con la logistica, i servizi
economali, quelli tecnici, le pulizie e la gestione delle cucine e delle
mense, fino a toccare, nelle realtà “più avanzate” anche l’appalto a
ditte esterne dei servizi infermieristici e tecnico-sanitari. Il
prossimo passo sarà quello della progressiva riduzione del personale
sanitario, cosa al momento potenzialmente facilitato dal blocco delle
assunzioni e del turn-over per molte categorie.
Opporsi
a questo degrado, a questo feroce attacco neo-liberista al diritto alla
salute e all’assistenza pubblica, è necessario. E in queste direzione
ritengo essenziale che si muovano tutte le componenti del Movimento
libertario, trovando nuove forme di lotta unitarie.
USI-AIT Trieste
Fonte: "Umanità Nova", settimanale anarchico
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