Scandalo Caritas: i pm indagano su una truffa da 4 milioni ai danni degli immigrati e dello Stato
Si allarga l'indagine che coinvolge anche il sacerdote Vincenzo Federico. La replica: "Accuse surreali".
Otto indagati, oltre un milione e mezzo per
la onlus di Pozzuoli “Un’ala di riserva”, almeno altri tre milioni per i
centri legati alla Caritas di Teggiano-Policastro e guidata dal
sacerdote, nonché Cavaliere della Repubblica, don Vincenzo Federico:
oggi primo inquisito eccellente dell’inchiesta della Procura su presunte
frodi e truffe a danno degli stranieri, e dello Stato.
Si allarga lo scandalo dei “pocket money”, la paga giornaliera degli immigrati che sbarcano dai barconi e vengono sistemati nelle più diverse struttute territoriali. Quel “buono” che gli stranieri dovrebbero spendere solo per qualche pasto e generi di immediata necessità (dagli indumenti intimi al dentifricio, alle schede telefoniche) vale 2,50 euro a persona. E, stando alle ricostruzioni dell’accusa, i pm Raffaello Falcone e Ida Frongillo, con il coordinamento del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, finivano in gran parte nelle tasche di un comitato di “gestione” che distraeva quei soldi per finalità private, come mostra l’arresto di venerdì scorso, che ha portato in carcere Alfonso De Martino - presidente della onlus di Pozzuoli “Un’ala di riserva”, tuttora titolare di servizi riconosciuti dalla Prefettura di Napoli - e ai domiciliari per la sua compagna, Rosa Carnevale, mentre tra gli inquisiti risultano anche i funzionari regionali Vincenzo Cincini e Giuseppe Mattiello.
Impietosa la fotografia del gip Antonio Cairo. «Un sistema di frode stabilmente orientato a permanere nel tempo», dunque «non un progetto isolato e occasionale, ma un progetto volto a durare e a garantire a ciascun soggetto un utile che in parte è stato già accertato e che in parte non è ancora pienamente emerso». Esisteva anche un “sistema Caritas”? È una delle ipotesi degli inquirenti che, dopo la perquisizione eseguita dal colonnello delle Fiamme Gialle Cesare Forte negli uffici di don Vincenzo a Teggiano, stanno esaminando centinaia di carte relative all’accogliernza degli anni 2011, 2012 e 2013. In molti casi emergono collegamenti tra il De Martino, consulente di lungo corso per quella Caritas salernitana, e alcune operazioni che sarebbero segnate da illceciti. Accertamenti che potrebbero portare a sviluppi sorprendenti.
Si difendono però, su tutta la linea, sia il sacerdote, sia la onlus di Pozzuoli decapitata dal blitz . «Accusa surreale», replica don Federico attraverso il suo legale, Revilando Lagreca. «Massima serenità e piena fiducia nella giustizia - assicura l’avvocato - auspicando, però, che tutto possa definirsi in tempi rapidi: una rapidità almeno simile alla velocità con la quale, in spregio ad ogni riservo istruttorio, si è dato amplio risalto mediatico ad una ipotesi di accusa che è a dir poco surreale». De Martino, invece, di fronte ai pm, aveva anche fatto alcune ammissioni, descrivendosi persino come «concusso» da parte del funzionario regionale Cincini. Reazione singolare, poche ore dopo il blitz, è la comunicazione che compare sulla pagina Facebook della onlus. «L’associazione andrà avanti nelle attività, non ha avuto nessuna misura restrittiva, e le attività che porta avanti sono riconosciute e comprovate anche dalla Prefettura, con cui collaboriamo». Ed ancora: «Una cosa è certa: abbiamo sempre aiutato chi aveva bisogno. Il nostro presidente (il De Martino finito in carcere per truffa, peculato e frode, ndr) e tutta l’organizzazione continueranno nel lavoro quotidiano riconosciuto da tutti, al fianco dei 400 immigrati e più che ospitiamo. I pregiudizi, lo speculare, non fanno parte della nostra cultura».
Si allarga lo scandalo dei “pocket money”, la paga giornaliera degli immigrati che sbarcano dai barconi e vengono sistemati nelle più diverse struttute territoriali. Quel “buono” che gli stranieri dovrebbero spendere solo per qualche pasto e generi di immediata necessità (dagli indumenti intimi al dentifricio, alle schede telefoniche) vale 2,50 euro a persona. E, stando alle ricostruzioni dell’accusa, i pm Raffaello Falcone e Ida Frongillo, con il coordinamento del procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, finivano in gran parte nelle tasche di un comitato di “gestione” che distraeva quei soldi per finalità private, come mostra l’arresto di venerdì scorso, che ha portato in carcere Alfonso De Martino - presidente della onlus di Pozzuoli “Un’ala di riserva”, tuttora titolare di servizi riconosciuti dalla Prefettura di Napoli - e ai domiciliari per la sua compagna, Rosa Carnevale, mentre tra gli inquisiti risultano anche i funzionari regionali Vincenzo Cincini e Giuseppe Mattiello.
Impietosa la fotografia del gip Antonio Cairo. «Un sistema di frode stabilmente orientato a permanere nel tempo», dunque «non un progetto isolato e occasionale, ma un progetto volto a durare e a garantire a ciascun soggetto un utile che in parte è stato già accertato e che in parte non è ancora pienamente emerso». Esisteva anche un “sistema Caritas”? È una delle ipotesi degli inquirenti che, dopo la perquisizione eseguita dal colonnello delle Fiamme Gialle Cesare Forte negli uffici di don Vincenzo a Teggiano, stanno esaminando centinaia di carte relative all’accogliernza degli anni 2011, 2012 e 2013. In molti casi emergono collegamenti tra il De Martino, consulente di lungo corso per quella Caritas salernitana, e alcune operazioni che sarebbero segnate da illceciti. Accertamenti che potrebbero portare a sviluppi sorprendenti.
Si difendono però, su tutta la linea, sia il sacerdote, sia la onlus di Pozzuoli decapitata dal blitz . «Accusa surreale», replica don Federico attraverso il suo legale, Revilando Lagreca. «Massima serenità e piena fiducia nella giustizia - assicura l’avvocato - auspicando, però, che tutto possa definirsi in tempi rapidi: una rapidità almeno simile alla velocità con la quale, in spregio ad ogni riservo istruttorio, si è dato amplio risalto mediatico ad una ipotesi di accusa che è a dir poco surreale». De Martino, invece, di fronte ai pm, aveva anche fatto alcune ammissioni, descrivendosi persino come «concusso» da parte del funzionario regionale Cincini. Reazione singolare, poche ore dopo il blitz, è la comunicazione che compare sulla pagina Facebook della onlus. «L’associazione andrà avanti nelle attività, non ha avuto nessuna misura restrittiva, e le attività che porta avanti sono riconosciute e comprovate anche dalla Prefettura, con cui collaboriamo». Ed ancora: «Una cosa è certa: abbiamo sempre aiutato chi aveva bisogno. Il nostro presidente (il De Martino finito in carcere per truffa, peculato e frode, ndr) e tutta l’organizzazione continueranno nel lavoro quotidiano riconosciuto da tutti, al fianco dei 400 immigrati e più che ospitiamo. I pregiudizi, lo speculare, non fanno parte della nostra cultura».
Fonte: napoli.repubblica.it
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