Di nuovo emigranti: più italiani in fuga che stranieri in arrivo
A partire sono soprattutto 40enni laureati o diplomati.
La svolta nel 2014: dopo decenni bilancio migratorio negativo.
La svolta nel 2014: dopo decenni bilancio migratorio negativo.
A lungo siamo stati un popolo d’emigrati, un po’ per spirito
d’avventura molto per necessità. Siamo anche stati - ed è storia recente
- terra promessa per chi fuggiva dalla miseria, dalle dittature o dal
crollo dei regimi. Ora siamo di nuovo in fuga.
L’Italia non piace più. Né agli stranieri, che fino a qualche anno fa
si catapultavano dentro i nostri confini in cerca di una vita migliore,
né agli italiani che sempre più spesso fanno le valigie senza sapere se
e quando torneranno. Il 2014 sarà il primo anno a saldo migratorio
negativo, sostiene la Caritas Migrantes. Fuori dalle definizioni
statistiche, significa che i nostri connazionali in fuga dalla crisi
saranno più degli stranieri in cerca di lavoro e dei disperati che
sfidano la morte affrontando strazianti viaggi nel Mediterraneo. La
bilancia penderà verso i fuggiaschi per almeno 20-30 mila persone. Non
era mai successo. Non da qualche decennio, almeno.
Mentre i barconi rovesciano profughi al largo della Sicilia - secondo
Frontex, l’agenzia europea che monitora le frontiere, ne sono già
arrivati 25 mila - il flusso di stranieri verso l’Italia per ragioni di
lavoro (i cosiddetti «migranti economici») si è quasi arrestato: dai 300
mila e più degli anni scorsi ai 30 mila che si prevedono quest’anno.
«La capacità attrattiva dell’Italia è certamente diminuita, anche perché
la crisi qui ha penalizzato gli immigrati più degli italiani», spiega
Ferruccio Pastore, direttore del Forum internazionale ed europeo di
ricerche sull’immigrazione. «La domanda di lavoro immigrato esiste
ancora, ma oggi è in parte assorbita da stranieri che sono già in Italia
e hanno perso il lavoro. Per chi arriva da fuori, quindi, le
opportunità si sono ridotte».
Nel Sud Europa, dalla Spagna alla Grecia, è già accaduto: il saldo
migratorio si è invertito un paio d’anni fa, anche perché molti
stranieri sono tornati ai Paesi d’origine. L’Italia ha resistito ancora
un po’, ma oggi fronteggia lo stesso fenomeno. Nel 2011, 90 mila
italiani hanno cercato rifugio all’estero, l’anno dopo erano solo 60
mila, poi 75 mila. Quest’anno sfonderanno la soglia dei 100 mila.
«Numeri calcolati per difetto», precisa Sergio Durando della Caritas
Migrantes, perché si basano su statistiche ufficiali, ad esempio
dell’Aire, l’anagrafe dei residenti all’estero, «e non considerano chi
si trasferisce senza cambiare residenza o senza comunicarlo alle
autorità italiane».
L’anno scorso l’Aire ha tracciato un identikit degli italiani
espatriati: sono oltre 4 milioni, in media quarantenni, senza
sostanziali differenze tra uomini e donne. Quasi la metà ha una laurea o
un diploma. L’altra metà no, ed è il segno che l’emigrazione si è
estesa - come accadeva decenni fa - alla manodopera. Lo dimostrano i
3500 italiani che nel 2013 sono emigrati in Cina: imprenditori, laureati
ma anche cuochi, attratti dal boom della ristorazione italiana in
Oriente che cresce a due cifre. L’Asia è la nuova frontiera: nell’ultimo
anno gli approdi sono cresciuti di quasi il 20 per cento.
Metà di chi scappa si ferma però in Europa, immaginando di poter
tornare. Anche qui però la geografia sta cambiando. Un tempo era la
Spagna, invasa negli anni scorsi da 90 mila italiani. Oggi si guarda a
Est. Quasi un contrappasso: siamo noi a emigrare in Romania, Ungheria,
Polonia, Russia, a lungo terre di tumultuosi flussi migratori. Nei primi
mesi del 2014 oltre 6 mila italiani sono andati ad abitare a Mosca. Dal
2011, gli italiani che vivono a Budapest sono decuplicati, da 400 a 4
mila. Una volta sognavano l’Italia. Oggi siamo noi a bussare a casa
loro.
lastampa.it
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