Le ruspe contro l'intelligenza
“Occorre
smantellare i campi Rom”: è quanto ha scritto il ministro dell'Interno
Alfano in un tweet dopo aver incontrato i sindaci al Viminale per
discutere il “problema” dei cosiddetti campi nomadi.
A seguire, il
presidente dell'Anci, Fassino, ha precisato che “Comuni e Prefetture
metteranno in campo un programma di superamento dei campi a vantaggio di
una soluzione più civile e sicura dal punto di vista della legalità”.
Visto cosa avviene a Torino, dove il medesimo Fassino è sindaco, tali
rassicurazioni appaiono ancora più inquietanti.
Come al
solito, nel migliore dei casi, si intensificheranno gli sgomberi coatti
con l'alibi “umanitario” di offrire alternative abitative, fantomatiche
quanto unilaterali. Così, ancora una volta, si decide della vita
altrui, non riconoscendo delle possibili diverse scelte di rom/sinti, ma
anche la libertà di movimento e soggiorno di ogni altra persona.
Tra
l'altro, sia i partiti di governo che il partito della ruspa, parlano
senza pudore di “condizioni di vita particolarmente incivili”, quando
proprio le logiche da campi di concentramento e le ruberie compiute ai
danni dei fondi pubblici destinati a migliorare la vivibilità di tali
situazioni hanno visto la diretta responsabilità di sistemi criminosi
che coinvolgono trasversalmente amministratori, politici, imprenditori,
cooperative, associazioni, assieme a fascisti e mafiosi.
Non
casualmente, anche quest'anno il rapporto di Amnesty International
2014-15 riguardante l'Italia ha dovuto indicare tra gli aspetti più
critici la ossessiva e perdurante discriminazione nei confronti dei rom,
soprattutto per quanto riguarda le condizioni precarie di vita nei
campi e nei centri dove sono segregati, nonché i continui sgomberi
operati dalle forze dell'ordine senza alcuna alternativa abitativa.
I
report della nota associazione per i diritti umani, com'è noto, si
fondano sulle rilevazioni e registrano in termini generali le violazioni
documentate denunciando le inadempienze legislative da parte di governi
e istituzioni; per cui, apparentemente, si è portati a ritenere che
niente sia mutato, né in peggio né in meglio, rispetto allo scorso anno.
Si
tratta però di una percezione errata e chiunque ha modo di occuparsi o
fare attenzione a quanto sta avvenendo, sa che la realtà è andata
notevolmente peggiorando, non solo perché l'attuale governo con il suo
ministero dell'Interno continua a trattare quello che definisce come il
“problema” dei rom alla stregua di una minaccia all'ordine pubblico, ma
in quanto è ormai tangibile la crescita degli atteggiamenti intolleranti
e aggressivi contro questa esigua minoranza, additata come la causa di
tutti i mali esistenti e persino immaginari che travagliano il vivere
quotidiano delle persone non-rom.
Basta sentire le gratuite affermazioni colme d'odio seminate nei luoghi pubblici o leggere i commenti che appaiono
sui giornali e social network, per cogliere le premesse ad ogni
possibile baratro dell'intelligenza e dell'umanità. Anche se non fece
notizia, l'episodio avvenuto nell'ottobre 2013 a Napoli quando una donna
gettò intenzionalmente dal balcone di casa dell'acido muriatico,
deturpando in modo permanente il viso di un bambino rom di due anni che
si trovava in strada con la mamma, resta una delle tante prove di quali
danni produce questo clima in cui chiunque si sente autorizzato a
trasformarsi in aguzzino.
D'altronde, la quasi
totalità dei politici e dei giornalisti sfruttano e alimentano tale
psicosi perché così si guadagnano voti, lettori e accessi Web. Basti
ricordare il post “I rom sono da termovalorizzare”, per il quale nello
scorso novembre tale Cristiano Zuliani, sindaco leghista di Concamarise
(Vr), aveva guadagnato l'onore delle cronache senza che nessuno si
sentisse in dovere di mettere in discussione la sua carica
istituzionale.
Come ha scritto Francesca Saudino (www.osservazione.org):
“Se rispetto all'antisemitismo siamo tutti ormai sensibili e abbiamo
gli anticorpi, rispetto all'antiziganismo siamo ancora accecati e siamo
portati a derogare sistematicamente a una visione egualitaria che offra
ai rom le stesse possibilità degli altri. Ciò avviene, principalmente,
perché offrire ai rom pari opportunità non conviene per il consenso
elettorale”.
D'altronde, in un contesto in cui i
poteri, gli imprenditori e i ceti politici sono costantemente sotto
accusa per furti “legali”, reati di mafia, e saccheggio di beni
pubblici, al punto che la “cleptocrazia” è ormai sistema di governo, non
c'è niente di meglio che indirizzare l'indignazione popolare contro la
micro-criminalità, esclusivamente ed impunemente attribuita alla
minoranza rom e sinti.
Da sottolineare l'atteggiamento
della Lega Nord che ormai ha individuato gli “zingari” come principale
bersaglio delle sue campagne isterico-demagogiche, utili anche per far
dimenticare ai propri elettori ed iscritti le ruberie compiute per decenni dai vertici dello stesso partito padano, a partire dal clan di Bossi.
Non
di meno, l'estrema destra ha buon gioco a soffiare sull'odio contro rom
ed immigrati, dopo che a Roma è saltato il coperchio di quella pentola
criminale che vedeva noti fascisti – camerati di merende del sindaco
Alemanno – arricchirsi indebitamente grazie agli appalti per campi
nomadi, centri d'accoglienza per i profughi ed emergenza abitativa.
E
alle operazioni di polizia, alle distruzioni dei campi compite con il
fuoco o le ruspe, alle deportazioni coatte senza alcun riguardo neppure
per i bambini, ultimamente si registra la facilità con cui lo “sparare
allo zingaro” non è più espressione figurata, ma diviene opzione sempre
più frequente, seppure con killer diversi.
Ad iniziare
fu la banda della Uno Bianca: era il 23 dicembre del 1990, quando due
sinti emiliani restarono uccisi e due rom rimasero feriti dai colpi
sparati contro il campo sosta in via Gobetti a Bologna. Le vittime si
chiamavano Rodolfo Bellinati, 27 anni, e Patrizia Della Santina di 34
anni, mentre rimasero feriti gravemente una bambina e una romnì slava.
Alcuni anni dopo, nel 2004, un commando di camorristi uccise come
rappresaglia (per un furto nella casa di un boss) due rom scelti a caso –
Mirko e Goran Radosavljevic – presso il campo di Secondigliano a
Napoli.
Invece, nello scorso febbraio, tra le province
di Cremona e Bergamo, in uno spiazzo vicino al Naviglio, di ritorno da
una festa notturna di Carnevale, è stato un disoccupato, ex parà, a
sparare con una pistola di grosso calibro - senza alcun motivo - contro
due camper dove abitava in miseria una famiglia rom, uccidendo Roberto
Pantic, 43 anni, padre di dieci figli.
Ma una pistola è
comparsa pure recentemente in mano ad un pubblico ufficiale a Roma, nel
corso di un'insensata operazione di polizia presso il centro di
accoglienza La Rustica, appena distrutto da un incendio di probabile
natura dolosa, quando agenti della Polizia municipale sono intervenuti
malamente, utilizzando anche spray urticante, contro un gruppo di rom,
composto perlopiù da donne e bambini che, dopo aver passato la notte
all'addiaccio, aveva reagito alla prepotenza in divisa.
Cronache che richiamano un passato troppo sbrigativamente ritenuto passato.
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