Molecole contro il dolore
Piccoli RNA attivi nel sistema nervoso possono avere un effetto analgesico
Ho parlato altre volte dei microRNA (miRNA), piccolissimi RNA (lunghi 20-22 nucleotidi appena) che sembrano fare sempre più cose all’interno delle nostre cellule, dalla regolazione della trascrizione del DNA al controllo della traduzione dei corrispondenti RNA messaggeri. Se si pensa che la loro esistenza era sconosciuta fino a pochi anni fa, si può comprendere con quale fervore questi RNA siano studiati nei laboratori di tutto il mondo. l’ultima novità viene dalle implicazioni di un gruppo di loro (denominati miR-183) nella regolazione della soglia del dolore, sia acuto che persistente o, meglio, sia fisiologico che patogeno (si veda Peng C. e collaboratori, in Science, vol. 356, pp. 1168-1171).
Può essere fisiologico un dolore? Certo. È quello che usualmente ci avvisa di un problema reale e che ci mette in guardia contro qualcosa. Questo meccanismo è utile, se non essenziale, per la nostra sopravvivenza, sostanzialmente “consigliandoci” di non fare certe cose, tipo pungerci o bruciarci, o anche “sforzare” troppo una parte del corpo già traumatizzata. La funzione della sensazione del dolore è, anzi, così importante, che a questa sensazione è dedicato un circuito nervoso speciale che va dai ricettori periferici alla corteccia cerebrale, traversando tutto il corpo. I ricettori periferici inviano il segnale ai gangli della radice dorsale (DRG, dorsal root ganglia) del midollo spinale e da lì questo viene ri-inviato alla corteccia. A loro volta i ricettori periferici possono essere almeno di due tipi; i meccanoricettori che avvertono la pressione sulla parte del corpo al quale appartengono – per esempio i polpastrelli delle dita di una mano – e i nocicettori, sensibili alla temperatura e a stimoli dolorosi di natura fisica o chimica. I segnali nervosi inviati da questo tipo di recettori percorrono apposite fibre nervose, che possono essere lente come le cosiddette fibre C, o veloci e velocissime come le fibre Ad e Ab, rispettivamente.
C’è però anche un dolore anomalo o patologico, derivante da una lesione a carico di un tessuto, o delle terminazioni nervose stesse, e quindi prodotto direttamente dal corpo senza una causa apparente. Si parla in questo caso di dolore patogeno o anche neuropatico. Qui il dolore più che denunciare una malattia, rappresenta esso stesso la malattia. È la manifestazione patologica di cui ci dobbiamo liberare.
Da persona a persona esiste una lieve differenza fra la soglia dello stimolo dolorifico. Molti sono i rimedi naturali o artificiali messi a punto per ridurre questo stimolo, particolarmente insopportabile nelle fasi terminali di molte patologie. Ci sono molti modi diversi di contrastare formazione o comunicazione del dolore e iniziamo a conoscerne e a sfruttarne alcuni. È stata una lezione capitale e un trionfo della scienza medica che ha pochi uguali. Sembra molto promettente quindi il fatto che si sia oggi individuato un altro possibile strumento di controllo del dolore, di natura francamente imprevista e inusitata.
Il gruppo dei miR-183 è attivo nel sistema nervoso e in particolare nei gangli DRG e la loro quantità è ridotta in modelli animali di dolore neuropatico. I ricercatori hanno allora prodotto una linea di topi mancanti dei geni codificati per i miR-183 e l’hanno incrociata in vari modi, in modo da variare così a piacimento la quantità di prodotti miR-183 disponibili in un dato individuo e nei suoi diversi tessuti. La risposta generale è chiara: i microRNA di questo gruppo innalzano la soglia del dolore in questi modelli animali (topi) sia per il dolore normale sia per quello neuropatico. Un’analisi più particolareggiata del fenomeno mostra un effetto diretto sui canali del calcio delle famiglie CACNA2D, già noti per essere implicati nel controllo del dolore e essere bersagli dell’azione del gabapentin, un potente analgesico.
La cosa interessante è che molti di questi risultati sono replicabili anche sugli esseri umani, studiati ovviamente con metodi molto diversi. È anche istruttivo notare che la stimolazione dei meccanoricettori non ha nessun effetto su individui sani, ma peggiora sensibilmente la situazione nel caso di dolore neuropatico. I geni mir-183 si prestano bene a generare variazioni di numero in individui diversi e questo potrebbe spiegare anche le differenze tra individui riguardo alla soglia del dolore.
Fonte: Le Scienze 588 (Agosto 2017)
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