Uova per tutti i gusti
Uno studio ha analizzato le basi della diversità morfologica osservata nelle uova
La copertina di Science di inizio estate raffigurava una distesa di uova variopinte. Non era un omaggio pasquale fuori stagione. La festosa immagine trasmetteva di primo acchito un messaggio di diversità: uova di varie dimensioni e forme, tondeggianti, oblunghe, asimmetriche, ellittiche, coniche. Uova per tutti i gusti. Dunque ciascuno perfetto a modo suo? Non proprio.
Nel racconto dell’evoluzione ci si fa spesso prendere dall’entusiasmo dipingendo i meravigliosi adattamenti delle specie come se fossero opera di suprema e impeccabile ingegneria. Talvolta lo sono, ma non di norma, e per alcune precise ragioni. Charles Darwin scrisse a più riprese che l’evoluzione non ambisce alla perfezione, ma fa quello che può con il materiale a disposizione. Il processo selettivo non agisce su singoli tratti isolati, come se gli organismi fossero una collezione di atomi funzionali, ma su un complesso di variazioni correlate. Quindi è normale che un adattamento in una parte possa avere, per esempio, effetti collaterali (pur tollerabili) su un’altra.
In sostanza, la selezione naturale è un meccanismo che agisce in un contesto di vincoli: fisici, come la gravità o il rapporto volume-superficie per la dispersione del calore; meccanici; di sviluppo; funzionali. Per questo non esistono insetti grandi come elefanti, né animali che si spostano su due o quattro ruote incardinate su assi. Il gioco evolutivo è tutto un compromesso, anche tra pressioni selettive antagoniste l’una dell’altra, come la selezione naturale e la selezione sessuale. Nel caso dell’uovo, un’invenzione formidabile dei primi vertebrati adattatisi alla terraferma 360 milioni di anni fa (ovvero, racchiudere l’embrione dentro un ambiente protetto durante lo sviluppo) si è diversificato poi in una gamma di forme che devono fare i conti con alcuni vincoli, soprattutto negli uccelli.
Il gruppo internazionale di evoluzionisti ed esperti di biomeccanica che si è guadagnato la copertina di Science ha voluto mettere alla prova proprio l’idea che l’esuberante diversità nella morfologia delle uova di uccello fosse dovuta a precipui adattamenti alla dieta, all’habitat e al sito di nidificazione di ciascuna specie.
Uova asimmetriche e coniche per chi nidifica sulle scogliere, così non rotolano via. Robuste uova sferiche invece per chi deve ottimizzare la quantità di calcio per fare il guscio o la distribuzione dei pori per gli scambi gassosi. E così via, in un mondo ideale dove tutto serve esattamente a qualcosa.
Studiando le forme di 50.000 uova di 1400 specie diverse e incrociandole con i parametri ecologici e con le relazioni filogenetiche, i ricercatori di Princeton, Harvard e altre università hanno scoperto che queste ipotesi adattive sono solo parzialmente corrette. L’analisi macroevolutiva su larga scala mostra come gran parte delle asimmetrie e delle ellitticità che si notano nelle uova degli uccelli siano in realtà dovute a limitazioni meccaniche. In particolare gli adattamenti al volo hanno prodotto, nella struttura corporea dei dinosauri teropodi e degli uccelli, riorganizzazioni anatomiche così profonde da influenzare anche la forma delle uova, perché in base al tipo di volo differiscono le pressioni esercitate sulla membrana interna dell’uovo nel suo passaggio lungo l’ovidotto.
La morfometria ci dice che i grandi volatori hanno schiacciato e allungato le loro uova ellittiche dentro un’anatomia aerodinamica tutta protesa a sprigionare la potenza delle ali. Ma il pulcino deve pur avere uno spazio per crescere, da qui una serie di compromessi, non sempre ottimali eppur di successo. Per chi invece si affida più spesso al volo planato, o addirittura ha smesso di volare, le uova possono anche rimanere più tondeggianti. Dunque la bella forma funzionale delle uova si è evoluta in un contesto di vincoli strutturali. Adesso lo sappiamo: a guardar bene, nessun uovo è perfetto.
Fonte: Le Scienze 588 (Agosto 2017)
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