Diritti vs privilegi: l’Italia tra razzismo, sessismo ed omofobia

Qualche giorno fa le persone con cui ho vissuto un anno, qui in Olanda, mi hanno chiesto che cosa ho imparato dall’Olanda quest’anno e che cosa cambierei dell’Olanda se potessi.

Alla domanda su cosa cambierei dell’Olanda non ho avuto dubbi: la sanità… ti rendi conto di quanto sia importante la sanità pubblica solo quando ti trovi a non averla. Insomma, diciamoci la verità: Breaking Bad in Italia sarebbe durato 10min.

Ma sul che cosa imparato ho dovuto rispondere un po’ a denti stretti, perché mi spiaceva. E ho risposto che, anche se prima di partire non lo pensavo, ho capito che l’Italia è un Paese profondamente razzista, profondamente sessista, profondamente omofobo. E l’ho capito parlando con gente che veniva da ogni dove.

Sul razzismo l’ho capito vedendo le mie stesse reazioni nei confronti delle persone di certe origini che incontravo, banalmente anche solo stare più attenta a quel che la persona in questione potrebbe fare o dire, mentre loro sembravano non prestare grossa attenzione alla differenza se non per pura curiosità bonaria sui diversi usi e costumi. Mi sono fatta un po’ schifo: erano cose innocenti, ma inconsciamente provavo un pregiudizio nei confronti di una persona come me solo perché con geni diversi. Cosa sciocca, per altro, considerato che in Olanda io ero immigrata esattamente come qualunque altro immigrato: avevo diversi usi e costumi, ho fatto fatica ad adeguarmi al cibo e agli orari olandesi, non parlavo una sola parola di nederlese. Le stesse cose che qui in Italia i razzisti contestano agli immigrati… ma che in fondo sono normali quando arrivi in un Paese nuovo, mica “si nasce imparati”. Ci vuole tempo per adeguarsi a un Paese nuovo anche con tutta la più buona volontà e se nessuno ti spiega come funzionano le cose perché ti trovi in un ambiente ostile è anche più difficile; io tutto questo lo ho capito facendo l’immigrata da un Paese che generalmente non è considerato proprio il massimo della civiltà e mi sono resa conto che se non avessi incontrato un ambiente così accogliente avrei trovato grossissime difficoltà ad integrarmi… e dopo un anno ancora non ero completamente integrata. Anche se tutt’ora mi viene fame alle 5 del pomeriggio, ora di cena in Olanda.

Sul sessismo è stata una bella botta. Arrivata in università ho cominciato a rendermi conto che le ragazze andavano a lezione con disinvoltura con gonne e shorts inguinali, con della scollature considerevoli e coi tacchi. Belle. Oddio, non che le olandesi siano delle supermodelle, anzi, sono piuttosto giunoniche. Però i capelli biondissimi alla Rapunzel e quegli occhi chiari uniti a questa sorta di autocoscienza sull’avere il mondo in mano esercitano un grosso fascino. Tutta questa disinvoltura nel vestire in un ambiente professionale però mi ha lasciata interdetta sulle prime. Poi parlando con un’amica ho capito: in Italia se una ragazza va così a lezione tutti, alunni e professori, pensano che sia per strappare qualche punto in più, quindi se non è così impari a vestirti diversamente… ma in Olanda a nessuno salta in mente un pensiero del genere, quindi non si pongono il problema e si vestono come più le aggrada. Ovunque, anche per strada, le ragazze vanno in giro coi vestiti che più gli piacciono senza farsi troppe pare mentali, con pantaloncini a mezzo culo o gonne lunghissime, per loro non c’è una reale differenza… perché la società non glielo fa pesare così tanto. Il che a me fa venire l’acquolina in bocca, perché essendo una ragazza con un fisico, diciamo, prosperoso mi sono sentita parecchio sessismo addosso nella mia vita. Basti pensare che al primo anno di università ho dovuto smettere di mettermi magliette con una scollatura a V perché quando dopo le lezioni andavo a chiedere ai prof degli approfondimenti alcuni compagni si sono messi a dire che ci provavo… per me erano solo magliette che mi stavano bene, non avevo fatto caso al fatto che fossero un pochino scollate. Oh, sì, ok, ho una quinta di reggiseno, ma è il mio corpo, non una caratteristica morale peccaminosa. O ancora i commenti orribili di quando sono stata eletta vicepresidentessa di Pro-Test: gli oppositori hanno detto di tutto su di me, hanno azzardato qualunque motivazione sessista per il mio essere stata eletta, qualunque cosa fuorché il merito. Ovviamente non è mancato il “è lì perché è andata a letto con X”… peccato che io X manco lo conoscessi prima. E’ così difficile dare a una donna i meriti che ha, che sia bella o che sia brutta, che sia prosperosa o longilinea? In generale, è così difficile rendersi conto che il sesso è solo una parte della vita di una persona e che una donna può avere anche un cervello per pensare, delle mani per fare lavori manuali e una morale che la porti ad impegnarsi per arrivare dove vuole senza sfruttare per forza il sesso e senza per questo dover sopprimere la propria femminilità, ma semplicemente essendo… se stessa? Inutile dire che i più stupiti di tutti, quando si confrontavano i rispettivi sistemi lavorativi, sulla maternità, sulla tv etc. erano norvegesi, svedesi e finlandesi. Ma anche gli olandesi, assidui frequentatori turistici del Bel Paese, erano estremamente perplessi nel vedere la divisione dei ruoli all’interno di un matrimonio, il fatto che di solito un uomo sposato non stiri i vestiti e che una donna non usi un trapano per i lavori di casa… o “quelle donne in tv così scoperte, perché avete così tante soubrette ma così poche donne che presentino programmi seri? E’ la tv di Berlusconi, vero?” “Sì, ehm… anche quella… ma… be’, diciamo che ormai in Italia sono tutte così”.

E poi l’omofobia. L’omofobia rientra nell’elenco di ciò che accade quando, letteralmente, non si è in grado di farsi i cazzi propri. O le fighe proprie, a seconda dei gusti. Non mi sono mai spiegata perché la gente debba avercela coi gay: insomma, ma quel che fa una persona nella sua camera da letto non sono cavolacci suoi? A me non interessa se tu sei un amante del sado-maso, che te ne frega se a un uomo piacciono gli uomini o a una donna piacciono le donne? Fatti i fatti tuoi. Idem con patate non mi interessa se a baciarsi in un parco o al ristorante o davanti a un tramonto sono un ragazzo e una ragazza oppure due ragazzi: se è un bacio tenero lo è comunque ed io mi sciolgo comunque. Piuttosto, ci sono delle slinguate animali che potrebbero sinceramente evitarsi nei luoghi pubblici, ma personalmente le ho sempre viste solo etero. E mentre qui in Italia ogni tanto qualche sindaco furbone, sentendo la profonda necessità di abusare del proprio potere, decide di vietare nel suo paese le effusioni omosessuali nei luoghi pubblici, nei parchi in Olanda in primavera ci sono bellissimi pic-nic di famiglie di ogni genere, in mezzo alle quali si confondono perfettamente delle tenere coppie omosessuali che prendono il raro sole olandese tenendosi per mano o con la testa di uno appoggiata sulla spalla dell’altro. Diversi miei amici parlando delle varie situazioni internazionali e dell’immigrazione mi hanno detto che è pessimo che ci sia così tanta omofobia in certi Paesi, come la Russia, è che è un bene che i gay russi possano venire in Olanda con lo status di rifugiati perché in Russia sono effettivamente perseguitati per una cosa per cui non è accettabile venire perseguitati. E si stupivano del fatto che noi fossimo ancora dietro a dibattere sui matrimoni gay, se farli o non farli. Ora, io non voglio entrare nella questione delle adozioni, credo che quello sia un argomento per pedagoghi; io personalmente ritengo che un bambino stia meglio con delle persone che lo amano, indipendentemente dal loro sesso, rispetto allo stare in una comunità o una casa famiglia, ma ripeto che non sono una pedagoga quindi il mio parere è irrilevante. Ma lasciando perdere per un momento la questione delle adozioni, non si vede perché due persone che vivono insieme per una vita non dovrebbero avere gli stessi diritti che ha una moglie nei confronti del marito (e viceversa) di fronte alla legge. Ma senza arrivare al matrimonio, la stessa considerazione sociale dei gay in Italia è omofoba, si fanno un sacco di battutine imbecilli, il termine “frocio” è effettivamente un’offesa, molti quando scoprono che un ragazzo che conoscono è gay cominciano a sentirsi a disagio come se lui dovesse saltare loro addosso da un momento all’altro… cosa che, scusate, ma è seriamente sciocca. Seriamente. Questo in Olanda è davvero ridotto, davvero tanto. Perfino il gay pride è diverso. Ecco, visto che scrivo ad un popolo omofobo, facciamo una specificazione qui: il gay pride, no, non è una volgarità provocatoria, è una manifestazione che con l’ironia vuole sdoganare i termini più offensivi con cui i gay vengono apostrofati dagli omofobi (“frocio”, “checca”) di modo che non risultino più insulti nel linguaggio comune; ed è anche una manifestazione per dire: “Ehi, siamo qui, siamo tanti, non potete ignorarci ancora a lungo!”. Ecco, lo sapete com’è il gay pride ad Amsterdam? Una festa, una celebrazione della propria libertà. Il clima era bellissimo, io ci sono andata col mio fidanzato ed entrambi ci siamo divertiti un sacco… e, no, non c’era nulla di volgare, era una felice carnevalata divertente. Perché in Olanda di diritti non ne devono davvero rivendicare. Non come in Italia, dove la loro stessa esistenza sembra configurarsi come un peccato mortale.

A me non piacciono gli esterofili a tutti i costi, così come non mi piacciono i nazionalisti a tutti i costi. Ogni Paese ha i suoi pregi e i suoi difetti, e fortunatamente, checché se ne dica, l’Italia di pregi ne ha tanti, basti pensare alla sanità pubblica o al sistema pensionistico: potete lamentarvene finché volete, ma è un vantaggio mica da ridere averli pubblici anziché in mano ad assicurazioni private e noi non ce ne rendiamo conto solo perché lo diamo per scontato. Il cibo, i vestiti, gli happy hour, il Natale, le cene in famiglia, l’arte, la cultura, il sapersi arrangiare, il modo di muovere le mani, la lingua e molto altro. Ma purtroppo nella cultura dei diritti l’Italia per essere parte del mondo occidentale è davvero indietro e questa è una cosa su cui dovremmo davvero riuscire a tagliare il cordone ombelicale rispetto alla tradizione fortemente cattolica che ci portiamo dietro; non che io abbia qualcosa contro i cattolici (specifichiamo anche questo, che il tifo da stadio in Italia è sempre in agguato: io ho studiato dai preti e anche se agnostica li amo visceralmente), ma diciamo che non sono proprio dei campioni del non dire agli altri cosa fare della propria vita. Dovremmo proprio imparare. E attenzione che non si tratta di concedere a tizio o a caio dei privilegi, ma di riconoscere a degli esseri umani dei diritti che sono già loro e semplicemente sono ignorati dalla legge: il diritto a non essere giudicati in base al proprio patrimonio genetico di partenza o al luogo in cui il caso ci ha fatti nascere e da cui poi siamo partiti scegliendoci una nuova terra; il diritto a non venire trattati come dei meri oggetti sessuali che è meglio non vadano troppo a provocare l’uomo, che è cacciatore e se troppo tentato non sa trattenersi (balla allucinante, un sessista non sa trattenersi perché pensa di avere il diritto di fare qualcosa perché una donna ha osato troppo, un uomo che sia conscio del valore di una donna sa anche come trattarla); il diritto a non dover vivere per tutta la vita un amore clandestinamente, come se fosse un atto politico insurrezionalista mentre invece è solo un sentimento profondo e romantico. Che poi, cari razzisti, vi rendete conto che se vi sentite minacciati da una persona che non parla la vostra lingua, non ha contatti e fa fatica a integrarsi vuol dire che non siete poi in grado di fare molto? E, cari sessisti, vi rendete conto che se secondo voi una donna può ottenere quel che vuole in base al sesso e che se si scopre troppo poi il maschio non può trattenersi vuol dire che considerate il maschio stesso una sorta di animale scemo senza autocontrollo? E, cari omofobi, vi rendete conto che il fatto che qualcun altro decida di fare praticare la sodomia non significa che debba farlo col vostro sedere? No, perché a volte si ha l’impressione che non ve ne accorgiate.

Sono partita dall’Italia credendomi tollerante e non rendendomi invece conto di essere invece abbastanza razzista, sessista, vagamente omofoba. Pensavo davvero di essere tollerante, ma non lo ero. Ed ho deciso di lavorarci, di smettere di negare i diritti agli altri senza aver davvero razionalmente ragionato sulle questioni. Ed ho scoperto che quando capisco che non sto dando privilegi ma solo riconoscendo diritti reali sono più felice anch’io, perché sono in grado di guardare oltre e conoscere più a fondo delle persone che possono anche rivelarsi persone bellissime e che a quel punto non diventeranno invisibili nella loro interezza perché nascoste dietro un pregiudizio e non avranno bisogno di chiudersi a riccio per proteggersi da un’irragionevole inflessibilità. Mi sono scoperta più felice e serena, più libera. E mi piacerebbe tanto che poteste provarlo anche voi.






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