Burundi, ricoverato in gravi condizioni attivista dei diritti umani arrestato per un'intervista radio
Dopo più di tre mesi di detenzione, Pierre Claver Mbonimpa, figura di
spicco nella lotta alle discriminazioni, è ora in ospedale. Il suo
arresto è solo l'ultima presa di posizione di un governo sempre meno
democratico che deve fare i conti con la povertà dei suoi cittadini e
con le prossime elezioni.
"I giovani
burundesi sono armati e addestrati dalla Repubblica democratica del
Congo". Questa dichiarazione rilasciata durante un programma radio è
costata la libertà a Pierre Claver Mbonimpa, 66 anni, storico attivista
per i diritti umani e presidente dell'Association pour la protection des
droits humains et des personnes détenues, una delle ong più importanti
del Burundi. L'arresto di Mbonimpa è stato aspramente contestato da
molti burundesi e da alcune associazioni come Human Rights Watch, che ha
pubblicato un video con cui chiede il rilascio immediato
dell'attivista.
Democrazia allo specchio. Mbonimpa è accusato di mettere in pericolo la sicurezza dello stato per aver denunciato la presenza di una formazione paramilitare nella vicina Rdc costituita da alcuni membri della Lega giovanile del CNDD-FDD, il primo partito del Burundi cui appartiene anche l'attuale presidente Pierre Nkurunziza. La presenza di gruppi armati, già denunciata da altre organizzazioni, è solo uno dei sintomi della disgregazione politica e sociale di uno stato che deve ancora fare i conti con i fantasmi del passato. A dodici anni dalla fine della guerra civile, il Burundi non è quell'oasi di pace e prosperità che in molti sognavano. Ad esasperare la popolazione contribuiscono due fattori: la corruzione dilagante nella classe politica e il costo esagerato di cibo, acqua e servizi.
Democrazia allo specchio. Mbonimpa è accusato di mettere in pericolo la sicurezza dello stato per aver denunciato la presenza di una formazione paramilitare nella vicina Rdc costituita da alcuni membri della Lega giovanile del CNDD-FDD, il primo partito del Burundi cui appartiene anche l'attuale presidente Pierre Nkurunziza. La presenza di gruppi armati, già denunciata da altre organizzazioni, è solo uno dei sintomi della disgregazione politica e sociale di uno stato che deve ancora fare i conti con i fantasmi del passato. A dodici anni dalla fine della guerra civile, il Burundi non è quell'oasi di pace e prosperità che in molti sognavano. Ad esasperare la popolazione contribuiscono due fattori: la corruzione dilagante nella classe politica e il costo esagerato di cibo, acqua e servizi.
Amato dai cittadini. In
questo scenario è emersa la figura di Mbonimpa, che da anni lotta per la
parità di diritti e per migliorare la vita dei detenuti ed è diventato
un simbolo di speranza per il paese. Per far pressione sul governo i
suoi sostenitori ogni venerdì indossano vestiti verdi, il colore delle
divise penitenziarie. Il Green Friday è solo una delle iniziative
portate avanti dalla popolazione, iniziative che le istituzioni cercano
di ostacolare vietando per esempio manifestazioni pacifiche.
Elezioni alle porte. L'arresto dell'attivista è solo l'ultimo atto coercitivo da parte del governo di Bujumbura. A marzo 2014 infatti settanta membri del partito d'opposizione hanno subito un processo di massa durato un solo giorno e senza assistenza legale. Ventuno sono stati condannati all'ergastolo e altri 27 a dieci anni di reclusione. L'ondata di repressione precede l'appuntamento elettorale del 2015, quando il partito al potere vedrà messa in discussione la propria leadership dopo dieci anni di consensi. Ma non è la prima volta che accade. Già nel 2010, in occasione delle elezioni, si sono registrate violenze sfociate anche in omicidi politici e arresti sommari. Ad alimentare le tensioni c'è anche la mancata giustizia per i crimini del passato, infatti molti membri delle forze di sicurezza e della guerriglia che hanno commesso atrocità durante la guerra civile non sono stati ancora chiamati a rispondere delle loro azioni.
Elezioni alle porte. L'arresto dell'attivista è solo l'ultimo atto coercitivo da parte del governo di Bujumbura. A marzo 2014 infatti settanta membri del partito d'opposizione hanno subito un processo di massa durato un solo giorno e senza assistenza legale. Ventuno sono stati condannati all'ergastolo e altri 27 a dieci anni di reclusione. L'ondata di repressione precede l'appuntamento elettorale del 2015, quando il partito al potere vedrà messa in discussione la propria leadership dopo dieci anni di consensi. Ma non è la prima volta che accade. Già nel 2010, in occasione delle elezioni, si sono registrate violenze sfociate anche in omicidi politici e arresti sommari. Ad alimentare le tensioni c'è anche la mancata giustizia per i crimini del passato, infatti molti membri delle forze di sicurezza e della guerriglia che hanno commesso atrocità durante la guerra civile non sono stati ancora chiamati a rispondere delle loro azioni.
'Liberatelo subito'.
"Pierre Claver Mbonimpa - afferma Daniel Bekel direttore della sezione
Africa di Human Rights Watch - dovrebbe essere considerato una risorsa
per il Burundi, non una minaccia. Le autorità burundesi dovrebbero far
cadere tutte le accuse contro di lui e liberarlo subito". È questo
l'appello di Hrw che si sta battendo per riportare l'attivista in
libertà. Secondo l'ong infatti Mbonimpa non è colpevole dei reati di cui
è accusato e dovrebbe godere, per l'età e le cagionevoli condizioni di
salute, di libertà vigilata: richiesta respinta dal tribunale di
Bujumbura.
repubblica.it
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