A Venezia non servono grandi inchini
Non abbiamo nulla contro le navi ed il
lavoro dei portuali, anzi non possiamo dimenticare quale apporto abbiano
dato alle lotte democratiche ed antifasciscite i “Camalli” genovesi ed i loro compagni degli altri porti, a cominciare da quelli dello scalo di Venezia.
Proprio per questo ci piacerebbe che fossero loro per primi a ribellarsi all’uso sbagliato della laguna, allo stravolgimento dell’ecosistema, agli inchini delle grandi navi e al loro passaggio nel bacino di San Marco.
Le
alternative ci sono, sono state indicate persino da ministri, governi,
istituzioni locali, ma alla fine hanno prevalso gli interessi
consolidati quelli di chi vende la crociera con tanto
di saluto dal ponte a pochi metri da Piazza San Marco e dal cuore di una
delle cittá più belle e più fragili del pianeta.
Nella sola giornata di sabato è previsto l’arrivo di 12 grandi navi, dalla stazza di oltre 40 mila tonnellate e tutte passeranno da là, come sempre, a prescindere da tutto e da tutti.
Ad attendere ci saranno centinaia di cittadine e cittadini del comitato “No grandi navi“,
diversi tra loro per convinzioni politiche e condizioni sociali, ma
unite dallo sdegno non solo contro le “grandi navi” in laguna, ma anche
contro il cinismo e la indifferenza di chi continua ad anteporre gli interessi privati all’interesse generale.
Queste
persone, da qualcuno descritte come facinorosi estremisti, hanno
dimostrato e dimostrano un senso civico infinitamente superiore a chi
avrebbe il dovere di individuare subito una alternativa di percorso e mettere fine a questi cortei non autorizzati delle sorelle della Concordia.
Ricordiamo ancora lo scherno e le campagne di diffamazione
promosse, a suo tempo, contro quelli che protestavano contro i fanghi
scaricati in laguna, o contro i gas tossici e le tante morti sul lavoro a
Marghera: “Tutto falso, nessun pericolo, anzi fanno quasi bene alla
salute, e poi garantiscono il lavoro…”, tuonavano i periti a tariffa di
quelle stagioni.
“Tutto bene, tutto sicuro, pericoli
zero…”, scrivono i loro imitatori di oggi. O forse gli stessi di allora e
forse saranno i primi a sdegnarsi, se e quando un malaugurato incidente dovesse porre fine alla rappresentazione in laguna.
Se
dovesse accadere, e ovviamente speriamo di no, ci siano almeno
risparmiate espressioni quali: “tragica fatalità, imprevedibile
disgrazia, destino cinico e baro..”.
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