Il posto fisso non resiste più nemmeno in banca

L’Abi, associazione delle banche italiane, ha comunicato con una lettera ai sindacati la disdetta dei contratti nazionali in vigore con 10 mesi di anticipo sulla scadenza. A rischio 310 mila posti.

Crolla un altro mito italiano: quello del posto fisso in banca. L'Abi, associazione delle banche italiane, ha comunicato con una lettera ai sindacati la disdetta dei contratti nazionali in vigore con 10 mesi di anticipo sulla scadenza. Ovvero con quattro mesi in più del preavviso necessario - sei, per legge - che non lasciano presagire niente di buono.

Una vera e propria doccia fredda per i 310 mila italiani che lavorano in banca e cui le sigle sindacali hanno replicato con la proposta di uno sciopero - da sottoporre alla volontà dei lavoratori - per la simbolica "Giornata del Risparmio" in programma per il 31 ottobre. Il motivo della disdetta anticipata del contratto in scadenza a fine giugno 2014 è, secondo l'Abi, il calo di redditività "insostenibile" registrato agli istituti di credito, dovuto alla crisi ma anche alle riforme regolamentari e all'impatto dell'innovazione tecnologica. Per questo si sarebbe resa necessaria la disdetta, che secondo il direttore generale Giovanni Sabatini è stata data in anticipo "nell'intento di minimizzare le ricadute sociali". Francesco Micheli, presidente del Casl e vicepresidente di Abi, è ancora più diretto: "il contratto che scade il 30 giugno 2014 permanendo l'attuale situazione per le banche non è più sostenibile. Per questo motivo non si può più aspettare, è arrivato il momento indifferibile di mettere le questioni sul tavolo".

Il Tavolo che dovrà ripartire tra mille difficoltà. I sindacati sono subito insorti, accusando l'Abi di compromettere le relazioni sindacali nel credito, come sostiene il segretario generale della Uilca Massimo Mas, mentre Lando Maria Sileoni, Segretario Generale della FABI, la maggiore sigla del mondo bancario italiano, sostiene che l'Abi vuole costringere la controparte a sottoscrivere un nuovo contratto dopo il giugno del 2014, "ben consapevole del fatto che siamo sempre stati contrari alla sottoscrizione di contratti singoli azienda per azienda. Ma il motivo più importante è un altro: tra luglio e settembre l'Abi ha chiesto al Governo di lavorare per migliorare la fiscalità sulle perdite sui crediti, lamentando un trattamento peggiore rispetto a quello delle banche di altri paesi europei".

Avere i lavoratori arrabbiati, secondo la FABI, diventa un problema in più per il Governo che potrebbe cedere alle richieste delle banche usando il contratto e le condizioni di rinnovo come leva. E mentre si organizza lo sciopero, tutti i sindacati hanno già chiesto una riduzione dei compensi dei banchieri per i prossimi due o tre anni sotto la soglia dei 600/700 mila euro annui per dare il buon esempio.





cadoinpiedi.it

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