Olimpiadi Invernali 2014: da Putin disastro ecologico per fare bella figura col mondo
Nella zona tra il Mar Nero e le montagne del Caucaso, trasformare un’area naturale protetta in terreno edificabile è ormai una prassi del tutto normale in vista dei giochi invernali. Ma le conseguenze sull'ambiente sono disastrose. Non solo, perché i consulenti del governo sono costretti a scappare in Ucraina per timore di ripercussioni
Non solo il clamore intorno alle leggi omofobe. Ora la festa del presidente russo Vladimir Putin per
le Olimpiadi invernali di Sochi potrebbe essere rovinata dal divampare
delle proteste ambientaliste. Per chi vive in quella città del
territorio di Krasnodar, al Sud della Russia,
rannicchiata tra il Mar Nero e le montagne del Caucaso, i giochi
olimpici rappresentano un vero e proprio disastro. Non si tratta di un
ambiente qualsiasi, ma di un’area attigua ad un sito patrimonio
dell’umanità dell’Unesco, il Caucaso Occidentale. L’olimpiade “è una bomba a scoppio ritardato”, dice, prove alla mano, Vladimir Kimaev, ecologo attivista che fa parte della Guardia ecologica per il Caucaso del Nord
(Ewnc). Si tratta della ong che, per le sue denunce sul disastro
ecologico causato dal cantiere olimpico, rappresenta una spina nel
fianco per le autorità.
A Sochi, del resto, trasformare un’area naturale protetta
in terreno edificabile ormai è una prassi del tutto normale. Le
olimpiadi si svolgeranno tra due location. Da una parte quella del
litorale, sulla Piana Imereti, racchiusa tra i fiumi di
Mzymta e Psou, vicino alla cittadina di Adler, formalmente un distretto
di Sochi. E’ qui che si trova lo stadio Fisht da 12
mila posti che ospiterà le cerimonie di apertura e chiusura dei giochi.
Mentre la seconda location, quella sciistica, si trova più in quota, in
montagna, nei pressi del paesino Krasnaja Poljana, dove a marzo del 2012 Putin aveva ospitato Berlusconi
per festeggiare la sua “intronizzazione” per il terzo mandano
presidenziale. Per costruire entrambi i complessi, sono state
sacrificate importanti aree del Parco nazionale di Sochi, con una procedura facilitata da una legge ad hoc, la 310 del 2007.
Ma
come se questo non bastasse, in sordina, si costruisce anche nella zona
cuscinetto tra il Parco nazionale e la Riserva naturale del Caucaso,
che rientra anch’essa tra i siti patrimonio dell’Unesco. Nella Radura degli abeti bianchi,
sui pendii orientali del monte Psekhako, da cui partono i sentieri che
conducono nel cuore della Riserva, uno spazio di 2 ettari è stato
disboscato e spianato. Lì, come denuncia la Ewnc, il colosso energetico Gazprom sta costruendo una parte del Centro turistico di montagna, uno dei siti delle olimpiadi.
Mentre giù, sulla costa del Mar Nero, non esiste più la famosa Spiaggia Imereti,
che era l’ultimo arenile naturale della Russia meridionale. Il
litorale, insieme a numerosi esemplari di piante erbacee minacciate di
estinzione, è stato destinato alla posa di fatiscenti frangiflutti
costruiti alla meglio, sgretolati dalla prima tempesta. La Piana
Imereti, un habitat paludoso, punto di sosta per molte specie di uccelli
migratori, è solo un lontano ricordo del passato. Alcuni rettili e
anfibi che popolavano la zona, sono stati uccisi mentre si nascondevano
per l’ibernazione durante le stagioni fredde e quelli
sopravvissuti si sono sparpagliati nei dintorni. L’impianto che più di
tutti allarma gli ecologisti, perché avrà conseguenze di lungo termine e
difficili da prevedere, è il corridoio infrastrutturale Adler-Krasnaja Poljana.
Si
tratta di un’autostrada e di una ferrovia che congiungeranno le due
location delle olimpiadi, quella sul mare e quella in montagna. La distanza
che le divide, 48 chilometri, sarà percorribile in 25 minuti, mentre
l’infrastruttura lineare è già diventata il cantiere più costoso delle
olimpiadi, stimato in 9,4 miliardi di dollari. La strada lambisce
pericolosamente il letto del fiume Mzymta, il più
grande di Sochi, che fornisce acqua potabile per la gran parte della
città. Negli ultimi anni il quantitativo di acqua è calato drasticamente
e questo proprio a causa dell’immondizia prodotta dal
cantiere, che ha occluso i canali che portano l’acqua nei pozzi più a
valle. Le analisi sui campioni di acqua prelevati sono allarmanti. Gli
ultimi disponibili risalgono all’11 gennaio 2012, i successivi sono
stati secretati. Evidenziano livelli molto elevati rispetto ai limiti
consentiti di ferro, sostanze sospese, mercurio e prodotti petroliferi. E’ stato l’accademico Sergei Volkov,
geologo e primo consulente delle olimpiadi di Sochi, a denunciare in
più lettere pubbliche rivolte all’allora presidente russo Dmitri Medvedev i rischi ambientali legati alla mancanza di esami adeguati sui siti di costruzione. Lo scienziato, ora in fuga in Ucraina
per paura di persecuzioni in Russia, aveva escluso la possibilità di
costruire dei tunnel nelle montagne locali, ricche di minerali
potenzialmente dannosi e radioattivi come l’uranio e il mercurio. Non a
caso a Krasnaja Poljana negli ultimi anni c’è stata un’impennata delle
morti a causa di tumore.
L’ultima trovata è la discarica abusiva nella cava di Akhstyr’, che è stata sanzionata in una riunione segreta dal vice premier Dmitrij Kozak.
Il tutto per rientrare nei tempi per il collaudo dei siti olimpici.
Evidentemente non importa se la cava si trova al di sopra delle formazioni carsiche
che alimentano le falde acquifere nella valle del fiume Mzymta. Detto
ciò, l’evento olimpico di Sochi si prospetta non solo come il meno
tollerante del dopo guerra, ma anche come il meno ecosostenibile.
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