Trans-Pacific Partnership: un patto commerciale e strumento di potere aziendale guidato dagli USA

Un tema molto poco discusso e pubblicizzato è l’impegno dell’amministrazione Obama per far partire l’accordo commerciale della Trans-Pacific Partnership (TPP), un patto per il libero scambio dagli intenti oppressivi che è attualmente in corso di negoziazione con gli stati costieri del Pacifico. 

La cooperazione, capeggiata dagli USA, mira ad abolire gli obblighi delle multinazionali verso i governi dei paesi in cui commerciano, rendendo gli stati firmatari responsabili nei confronti delle aziende per i costi imposti da leggi e normative nazionali, fra cui le norme relative a salute, sicurezza e ambiente.
 
Il livello di segretezza intorno a questi patti non ha precedenti. Addirittura, neppure il senatore Ron Wyden, che presiede la commissione parlamentare che ha giurisdizione sull’accordo TPP, ha accesso ai testi della negoziazione.

Il regime del TPP garantisce pieni diritti agli investitori e alle aziende multinazionali straniere e indebolisce la sovranità delle nazioni partecipanti attraverso l’elusione delle norme nazionali e una limitazione delle capacità dei governi di emettere politiche economiche indipendenti. Finora non si è mai verificato un attacco aziendale di tale portata alla sovranità nazionale, a cui non si sottrae neppure quella statunitense. Infatti il TPP obbligherebbe il governo federale a imporre ai singoli stati degli USA di conformare le proprie leggi statali a oltre mille pagine di clausole e vincoli dettagliati non legati al commercio (dallo sfruttamento dei terreni ai diritti di proprietà intellettuale) autorizzando le autorità federali a usare tutti i mezzi possibili per convincere gli stati ad adeguarsi alle regole del TPP, eventualmente anche con l’imposizione di sanzioni punitive.







globalresearch.ca

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