Dopo la grazia a Balal, in Iran si dibatte sulla pena di morte
Dopo l’incredibile vicenda di Balal,
graziato sul patibolo 10 giorni fa dalla madre del ragazzo che egli
aveva assassinato, le esecuzioni in Iran sono riprese a pieno regime,
arrivando a circa 200 dall’inizio dell’anno.
Tra le persone messe a morte negli ultimi giorni, c’erano anche dei minorenni al momento del reato tra
cui Ahmad Rahimi, Ali Fouladi, Ali Sharifi, condannati
all’impiccagione per omicidi commessi quando avevano rispettivamente 17, 16 e 14 anni.
L’annullamento della condanna a morte di Balal è stato reso possibile
in primo luogo dalla straordinaria umanità della madre di Abdollah
Hossainzadeh, che Balal aveva assassinato durante una rissa sette anni
prima; ma anche dal fatto che, attorno ai coniugi Hossainzadeh si è
coagulato un movimento contrario alla pena di morte che certamente ha
avuto un peso nell’influenzare la loro decisione dell’ultimo minuto ma
ha anche fatto sapere loro che – nonostante ciò che si pensi in
Occidente – tantissime persone in Iran non sono d’accordo con la logica del qisas, dell’occhio per occhio dente per dente.
Ha contribuito anche la popolarità del padre di Abdollah, Ghani
Hosseinzadeh, ex calciatore. Suoi vecchi colleghi lo hanno chiamato al
telefono per chiedergli di risparmiare la vita dell’assassino di suo
figlio. Un milione di telespettatori ha aderito all’appello lanciato
alla televisione da un celebre presentatore sportivo, Adel Ferdosipour.
Col risarcimento ottenuto dai parenti di Balal, i coniugi
Hosseinzadeh apriranno una scuola calcio intitolata alla memoria del
figlio.
Ora il movimento d’opinione contrario alla pena di morte ci riprova. Il caso è quello di Reyhaneh Jabbari,
26 anni, condannata a morte nel 2007 per aver ucciso un uomo. Lei
sostiene di aver agito per autodifesa dopo che l’uomo, un ex impiegato
del ministero della Sicurezza e dell’Intelligence, l’aveva aggredita con l’intenzione di violentarla. L’esecuzione era prevista il 14 aprile ma è stata sospesa.
Per salvare la vita di Reyhaneh “in nome dell’umanità” si sono mobilitati il celebre regista Ashgar Fahradi
(autore di “Una separazione” e de “Il passato”, di un film nel quale
l’allora bambina Reyhaneh aveva recitato una piccola parte nonché di “Beautiful city”, proprio sulla pena capitale).
È pronta anche Tahmineh Milani,
altra acclamata regista iraniana, che nel 2001 ha rischiato di essere
condannata a morte a causa di un film. Da anni mette a disposizione il
ricavato dei suoi film per i risarcimenti da offrire alle famiglie delle
vittime del crimine in cambio della salvezza dell’assassinio.
Potrebbe andare meglio rispetto a quando, nel 2009, una mobilitazione
senza precedenti in Iran non riuscì a evitare l’esecuzione di Behnoud Shojaee.
Colpevole di aver ucciso un coetaneo quando aveva 17 anni, non ottenne
il perdono dei genitori della vittima e venne impiccato.
Secondo molti, la vicenda di Balal può costituire una svolta. Il
giornalista Siamak Bahari ha elogiato il gesto della famiglia
Hossainzadeh e ha parlato di una “decisione storica da parte della società, ora pronta a sfidare la pena di morte”. La stessa Milani ritiene che “la gente dovrebbe considerare sul serio quanto può essere importante, ogni firma può cambiare il destino di una persona”.
lepersoneeladignita.corriere.it
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