Bufera giudiziaria sulla ricostruzione del patrimonio della Curia

Corruzione, turbativa d'asta, truffa aggravata ai danni dello Stato. 

Rischia di avere sviluppi clamorosi e, ad oggi, assolutamente imprevedibili, l'inchiesta coordinata dal procuratore della Repubblica Giuseppe Cardarella e dai sostituti Antonietta Picardi e David Mancini sui lavori di ricostruzione del patrimonio immobiliare di proprietà della Curia. 

Un giro d'affari da milioni di euro.

Le ipotesi di reato, infatti, sono pesantissime. Non è un caso che l'attività di indagine sia condotta dagli agenti della Squadra mobile e dal Nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza.

A quanto svelato da Marcello Ianni su 'Il Messaggero', risultano iscritti nel registro degli indagati - dal mese di marzo 2013 - il parroco delle Anime Sante, don Daniele Pinton, già stretto collaboratore di monsignor Giuseppe Molinari e docente all’Istituto per le scienze religiose dell’Aquila, e Augusto Ippoliti, collaboratore di monsignor Giovanni D’Ercole, presidente del Consorzio 'Madonna delle Grazie' e 'Sant’Emidio'.

Indagati dal mese di febbraio, invece, Luciano Marchetti, già vice Commissario alla Tutela dei beni culturali, Alessandra Mancinelli, dipendente della Soprintendenza ai beni architettonici, Filippo Marchetti e Giuseppe Di Girolamo. Per loro, l'accusa è di turbativa d'asta. L'ufficio guidato da Marchetti si era occupato degli edifici di culto, ben 116, che erano stati messi in sicurezza con il progetto 'Una chiesa per Natale'. Il mandato del vice commissario si è concluso alla fine del marzo 2012, con il passaggio di consegne alla struttura ministeriale diretta da Fabrizio Magani, che non è tra gli indagati.

Al contrario del noto imprenditore aquilano Graziano Rosone, di Andrea Giampaolo e Aureliano Romiti, accusati di corruzione, turbativa d'asta e truffa aggravata.

All'attenzione degli inquirenti, i lavori di messa in sicurezza e ricostruzione delle Anime Sante, dell'aggregato del Duomo e della chiesa di Santa Maria Paganica. L'indagine, però, non è affatto conclusa. A dimostrarlo, le perquisizioni di tre giorni fa nella sede provvisoria dell'Arcidiocesi a Pile e negli uffici del Mibac. 

Non è da escludere, insomma, che nei prossimi giorni possano svelarsi altri dettagli interessanti. Staremo a vedere. E' certo che la notizia dell'inchiesta della Procura della Repubblica arriva dopo mesi di polemiche che acquistano altra rilevanza alla luce di quanto sta emergendo in queste ore. Innanzitutto, la polemica tra la Curia e i costruttori della città.

  • Il bando della discordia
Era la fine di maggio. Oggetto del contendere proprio l'aggregato di piazza Duomo, che comprende il palazzo sede dell’Arcivescovado e la cattedrale di San Massimo. Un appalto da 45 milioni di euro. Il consorzio privato Sant’Emidio, con a capo il presidente Augusto Ippoliti - ora iscritto nel registro degli indagati- , punto di riferimento della commissione consultiva che affiancava l’ufficio ricostruzione della Curia guidato da don Alessandro Benzi, pubblica un avviso pubblico per la preselezione dell’azienda a cui affidare i lavori.

Il bando viene pubblicato solo sul quotidiano economico “Il sole 24 ore”, una scelta già di per sé discutibile vista la rilevanza dell’aggregato, ed eesclude del tutto le imprese del territorio perché presenta criteri assai stringenti e, si vocifera, assolutamente anomali. Per dire, viene richiesta una fidejussione bancaria di 4 milioni di euro. Impossibile da ottenere per la stragrande maggioranza delle imprese italiane.

Gianni Frattale, presidente Ance L’Aquila, prende così carta e penna e invia una lettera all’arcivescovo Giuseppe Molinari per chiedere la modifica dei termini di preselezione: “Illustrissimo monsignore - si leggeva nella missiva - è certamente nota la situazione di sofferenza di molte imprese edili locali che, oltre ad aver subìto i danni del sisma, non riescono ad accedere al mercato della ricostruzione, conteso da grandi marchi dell’edilizia, quasi sempre di fuori regione, che sempre più spesso finiscono sulle cronache per insolvenze e fallimenti ai danni dei terremotati. Ricordiamo che gli imprenditori locali creano lavoro e indotto sul territorio e sono da sempre uno dei principali motori dello sviluppo. Con tali motivazioni, l’Ance dell’Aquila chiede formalmente una modifica dell’avviso di prequalificazione del Consorzio Sant’Emidio. Il bando in questione, per le caratteristiche fortemente restrittive a cui fa richiamo, esclude di fatto le imprese dell’intera regione”.

Poi la richiesta, esplicita, di maggiore trasparenza: “chiediamo, inoltre, di conoscere quali siano i programmi edilizi della Curia per i prossimi mesi e quali le assegnazioni di lavori in corso. Se non verrà fatta chiarezza siamo pronti a investire della questione gli alti vertici ecclesiastici”.

La Curia prese tempo, rispondendo con un comunicato ufficiale solo quando i termini della preselezione erano oramai scaduti: “il testo del bando - recitava il comunicato - è stato redatto considerando la particolare tipologia di lavori da eseguirsi, nonché le qualità tecniche e finanziarie che l’aggiudicatario deve possedere a garanzia dell’esatta esecuzione delle opere”.

Il documento sottolineava come la gara fosse stata bandita "per permettere, nella massima trasparenza, a imprese sia italiane che europee di parteciparvi: la selezione diretta senza prequalifica, pur consentita dalla legge e modus operandi normale dei vari consorzi obbligatori, non è stata reputata garanzia sufficiente in ragione degli importi in gioco, nonché della provenienza dei fondi pubblici. La peculiare importanza, non solo da un punto di vista artistico, ma religioso e sociale, che la ricostruzione degli immobili ricadenti nell’aggregato edilizio di piazza Duomo rappresenta, richiede, infatti, una più che mai attenta scelta dell’operatore economico aggiudicatario: le procedure d’individuazione devono, quindi, essere trasparenti e rigorose”.

Questione chiusa, dunque. Avevamo sottolineato, però, come fosse assolutamente necessaria una riflessione sulla gestione della ricostruzione di aggregati di grande valore artistico, sociale ed economico.

  • Consiglio di Stato: consorzi di proprietari, seppur di natura privatistica, devono essere trasparenti
Come sapete, la natura dei consorzi di proprietari è assolutamente privatistica e svincolata dal perseguimento di interessi pubblici. Il rapporto tra committente ed impresa affidataria dei lavori di ricostruzione è fiduciario. Cosa significa, praticamente? Vuol dire che i consorzi di proprietari degli aggregati possono affidare i lavori a chi credono, impostando il bando come meglio ritengono. Non c’è alcun obbligo di legge. Fino ad un certo punto, però.

A stabilirlo il Consiglio di Stato, con una sentenza che ha fatto giurisprudenza. Era l'8 di ottobre: i giudici hanno ribaltato la sentenza del Tar che, nel dicembre 2012, non aveva accolto la richiesta della 'Società consortile cooperativa L'Aquila 2009' che aveva richiesto al consorzio Madonna del Carmine (centro storico dell'Aquila) il verbale di assemblea con cui si erano appena affidati i lavori dell'aggregato all'impresa Mancini.

Il Consorzio di proprietari aveva deciso di non fornire gli atti contenenti i criteri stabiliti per l'affidamento dei lavori di ristrutturazione e ricostruzione, ribadendo la sua "natura assolutamente privatistica, svincolata dal perseguimento di interessi pubblici, e la persistente natura fiduciaria del rapporto tra committente ed impresa affidataria dei lavori". E, come detto, il Tar gli aveva dato ragione ritenendo il Consorzio una figura soggettiva di diritto privato e, come tale, sottratto al regime fissato dalla legge 241 del 1990 in materia di accesso agli atti.

Un pronunciamento che aveva fatto molto discutere: nell'ordinanza 4013 del 23 marzo 2012, infatti, l'allora ministro Fabrizio Barca aveva stabilito che "ai fini di assicurare la concorrenza e la trasparenza nell'affidamento dei lavori", le domande di contributo dovessero essere corredate da un minimo di cinque offerte acquisite da imprese e da tre offerte di progettisti, modificando la procedura precedente che non lo prevedeva. Il ministro per la Coesione territoriale, così, faceva chiaramente riferimento ad un principio di trasparenza fondamentale nel processo di ricostruzione. Lasciando intendere, tra l'altro, che i Consorzi di proprietari, istituiti con carattere di obbligatorietà dall'Opcm 3829 del 2009 ed esclusivamente privati per legge, perseguono comunque un interesse pubblico vista la finalità di ricostruire una città terremotata a spese dello Stato.

L'oggetto del contendere, in altre parole, non era l'affidamento ma la trasparenza della gare di appalto. E il Consiglio di stato ha dato ragione alla cooperativa consortile, con una sentenza che farà giurisprudenza. Il senso della sentenza: seppur di natura privatistica, i Consorzi di proprietari svolgono attività di pubblico interesse con soldi pubblici e, per questo, sono tenuti a fornire accesso agli atti in merito alle decisioni assunte nell'affidamento dei lavori di ricostruzione degli aggregati. Se è vero per i consorzi di proprietari, figurarsi per aggregati come quello del Duomo che hanno, come detto, un alto valore artistico, sociale ed economico.

  • Non solo le polemiche tra Curia e costruttori
Appena insediato, il vescovo Petrocchi ha inteso vederci chiaro nelle dinamiche della ricostruzione del patrimonio ecclesiale: don Alessandro Benzi, fedelissimo di Molinari e direttore dei beni culturali, ha lasciato il posto a don Domenico Marcocchi. Non solo. E' di qualche giorno fa la notizia della nomina di Fabrizio Magani che - a capo della 'Direzione Regionale per i beni culturali e paesaggisti ha praticamente preso il posto del vice commissario Marchetti, a vice direttore del 'Progetto Pompei'. E in molti hanno malignato come fossero arrivate pressioni particolari per allontanarlo dall'Aquila. Voci, nulla di più. Assolutamente prive di fondamento.

Resta il comunicato diffuso dalla Direzione Regionale poco dopo la notizia delle perquisizioni: "Si precisa che questa Direzione Regionale ha inteso mantenere il necessario riserbo sulle verifiche in atto, come consuetudine di questo ufficio che, conservando presso la propria sede gli archivi della struttura dell’ex Vice Commissario per i Beni Culturali, da più di un anno mette a disposizione la documentazione per le necessarie verifiche delle autorità a cui garantisce la massima collaborazione". Chiaro si volesse sottolineare come l'oggetto dell'indagine fossero gli archivi dell'ex Vice Commissario Marchetti. Chiaro il fastidio per la nota della Curia che, poco prima, aveva diffuso un comunicato stampa, annunciando in pratica che erano arrivati gli agenti della Guardia di Finanza: "Questa mattina, militari del nucleo polizia tributaria della Guardia di finanza si sono presentati nella Curia arcivescovile dell'Aquila per chiedere l'esibizione e la messa a disposizione di copia degli atti legati alla ricostruzione degli edifici appartenenti alla diocesi".

La situazione è tesissima. E le perquisizioni dei giorni scorsi non hanno fatto altro che scoperchiare un pentolone che potrebbe nascondere ancora tante sorprese.




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