Passa la Google Tax, ma è una buona notizia?
La legge di stabilità prevede nella sua versione definitiva l'obbligo di partita Iva italiana per chi opera online in Italia.
Alla fine, nonostante fosse stata bocciata nella prima versione, la cosidetta Google Tax è rientrata nella legge di stabilità approvata dalla Camera, grazie a un emendamento del deputato del Pd Edoardo Fanucci.
Da Google ad Amazon, le aziende che operano su Internet in Italia dovranno avere la partita Iva italiana.
In questo modo chi vende on line in Italia prodotti fisici, ma anche e
soprattutto servizi, e in particolar modo la pubblicità on line (il
gioco d'azzardo già è regolato) sarà obbligato ad avere una partita Iva
italiana.
Queste aziende non potranno più godere di tassazioni più favorevoli
nell'ambito dell'Unione Europea: come per esempio fa Google, che fattura
in Irlanda anche la vendita di pubblicità in Italia.
E' stato approvato anche un emendamento della deputata Stefania Coviello (Pd) che stabilisce che "l'acquisto
di servizi di pubblicità on line e di servizi ad essa ausiliari deve
essere effettuato esclusivamente mediante bonifico bancario o postale
dal quale devono risultare anche i dati identificativi del
beneficiario".
Se la misura nasce per colpire l'elusione fiscale dei giganti del web,
Indirettamente ma pienamente interessate dalla nuova normativa sono
anche tutte quelle aziende grandi e piccole che offrono servizi di vario
tipo sul web e che dovranno dotarsi di partita Iva italiana se vorranno
continuare a operare in Italia.
Da un lato, non è scontato che questo effetto collaterale (di proporzioni gigantesche) sia una cosa positiva.
Dall'altro, c'è già chi scommette che i mancati guadagni di queste
aziende verranno indirettamente ribaltati sui partner italiani; un po'
come il classico professionista disonesto che, al momento di presentarci
il conto, cadendo dalle nuvole ci fa presente che se proprio vogliamo
la ricevuta ci deve addebitare anche l'Iva. Chi non ne ha mai
incontrati?
zeusnews.it
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