Il suo nome è "Obsolescenza programmata"
Serge Latouche ci ha scritto un libro (Usa e Getta, Bollati e Boringhieri, 2013). Cosima Dannoritzer ne ha tratto uno splendido documentario (Comprar, tirar, comprar, disponibile su You Tube). Ogni consumatore la teme. E’ la conseguenza più spregevole della logica economica della crescita fine a sé stessa.
Si chiama obsolescenza programmata.
E’ quell’insieme di accorgimenti
tecnici messi in atto dai produttori per far durare le merci meno di
quanto potrebbero. In pratica i progettisti inseriscono deliberatamente
nei prodotti di largo consumo dei punti deboli destinati ad usurarsi o
guastarsi entro un tempo massimo prestabilito e tali da non poter essere
riparati o sostituiti.
Quante volte ci siamo sentiti dire: “Caro signore, le conviene
comprarsi un prodotto nuovo (sia esso una lavatrice o la stampante del
computer, un orologio o un l’ombrello, il rasoio e persino
l’automobile), perché costa meno cambiarlo che aggiustarlo”. Per evitare
il riciclo dei componenti dei computer perfettamente funzionanti, ad
esempio, i costruttori li saldano in modo da impedirne lo smontaggio.
L’artigianato di riparazione, che per definizione è labour intensive, è
eliminato.
Accorciare il ciclo di vita di una merce è una strategia produttiva
(che serve a mantenere artificiosamente alta la domanda) vecchia quanto
il marketing. Sono noti i casi dei maggiori produttori di lampadine che
si accordarono per mantenere basso il tempo di funzionamento medio
delle lampadine, oppure della fibra in nailon della Dupont, praticamente
indistruttibile, ritirata dal mercato.
Peccato che con l’obsolescenza programmata non buttiamo via solo
oggetti, energia, risorse naturali, ma anche il tempo della nostra vita
dedicato a produrre e a comprare merci-spazzatura. In una parola,
rendiamo insignificante la nostra vita. Per essere precisi, la
sacrifichiamo al fine della continuazione della produzione industriale
di massa. Il consumatore, anche quello più attento e consapevole, spesso
non ha gli strumenti informativi per difendersi e poter scegliere cosa
comprare. Le normative europee sulla garanzia degli elettrodomestici e
degli apparecchi elettronici non vanno oltre l’obbligo dei due anni. Nei
fatti, una licenza a favore dell’obsolescenza.
Ma alcuni stati (la Svezia e la Gran Bretagna) hanno cominciato a
pretendere dai produttori maggiori prestazioni. In altri (il Belgio e la
Francia) ci si sta muovendo. Meritoria, quindi, l’iniziativa dei
deputati Giulio Marcon e Luigi Lacquaniti (Sinistra ecologia libertà)
che hanno depositato una proposta di legge “Disposizioni per il contrasto dell’obsolescenza programmata dei beni di consumo”.
L’obiettivo è di fare emergere in etichetta anche la durata potenziale
del prodotto, all’interno di un elenco di beni di consumo dove la
obsolescenza sia calcolabile. Nonché la possibilità o meno di poterli
riparare.
comune-info.it
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