A Pomezia i poveri pagano l’assistenza ai disabili
Il Comune ha deciso di applicare la legge alla lettera. Le famiglie
costrette a versare 18 euro e mezza l’ora. Fino al 2011 l’assistenza era
gratuita.
L’assistenza domiciliare ai disabili come servizio di lusso. Accade a
Pomezia, dove si paga ben diciotto euro l’ora, più del doppio rispetto
alla media. Molte le famiglie che devono rinunciarvi. «Ci siamo rivolti
alla televisione, ma nulla, non c’è stato nessun contatto tra noi e il
Comune e, nonostante le buone intenzioni che possiamo riconoscere
all’amministrazione, è un anno che si dicono solo parole, le stesse».
Nicola Vannini è il genitore di un ragazzo disabile, nel 2013 ha creato
il Comitato dimensione disabili per lottare, come si legge nel sito,
contro i soprusi delle decisioni comunali, come quella di far pagare
l’assistenza domiciliare.
«Sono in cassa integrazione ed ho dovuto chiedere la sospensione del
servizio perché a fine mese i conti non quadravano. Devo pagare ancora
millesettecento euro per i servizi pregressi, risalenti all’anno 2012,
anche altre famiglie con i disabili hanno ricevuto, come me, delle vere e
proprie stangate, non riesco a capire il perché», ha dichiarato
Vannini.
Grazie anche al supporto di associazioni come la Futuro di Pomezia, Vannini sta cercando, invano, di poter parlare col sindaco.
D’altronde, la figura di Fabio Fucci, sindaco del Movimento 5 Stelle,
in carica dal 2013, non è mai passata inosservata dall’inizio del suo
mandato. Tante polemiche riguardanti, oltre l’assistenza domiciliare, la
scelta di proporre un diverso menù a scuola con merenda o senza,
decisione che è stata vista da molti come discriminatoria, oppositori
politici, cittadini e dal Presidente della Regione Lazio Nicola
Zingaretti che non ha risparmiato le proprie critiche.
E non è finita qui. Il 20 Febbraio di quest’anno, durante
l’occupazione della scuola elementare Trilussa per protestare contro la
riduzione degli stipendi, alcune decine di lavoratori hanno affermato di
essere stati colpiti dai poliziotti nel corso dello sgombero, ordinato
proprio dal sindaco, per ragioni di ordine pubblico.
Vannini: «Fino al 2011 l’assistenza era gratuita, poi, nel 2013, ci
sono arrivati i bollettini da pagare per il 2012, addirittura da
gennaio, mentre la decisione, in consiglio comunale, di farla pagare,
era avvenuta a marzo. Per fortuna poi, grazie al commissario presente
all’epoca, ci siamo visti abbonare i due mesi, tuttavia mi chiedo, per i
restanti come la mettiamo? ».
Le poche parole rilasciate dal sindaco, l’anno scorso, sono tanto
semplici quanto comprensibilmente dolorose per le famiglie. Fucci, ha
affermato che è normale che un servizio pubblico si paghi e che la cifra
addebitata è congrua rispetto alla media. Un’unica apertura, nell’unico
incontro avuto con le famiglie, per quanto riguarda il futuro. Fucci
sostiene che per il passato nulla ormai si può fare.
Nicola Vannini convoglia le frustrazioni e lo stupore di tutte quelle
famiglie che sono in grosse difficoltà economiche o che hanno
addirittura dovuto rinunciare all’assistenza: «Il sindaco ci disse tempo
fa che ha ereditato una situazione finanziaria disastrosa. Ma gli
errori del passato non possono ripercuotersi sulle fasce deboli della
società».
Il nodo della questione sta nella normativa, la legge 104/92 che
detta le regole per “l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate”. La sua interpretazione più rigorosa porta,
ai fini della determinazione del costo dell’assistenza domiciliare, a
far riferimento all’Isee del disabile, che spesso non ha reddito.
Il Comune di Pomezia ha adottato una interpretazione più estensiva
che prende come riferimento l’Isee del nucleo familiare, così nel 2013,
una famiglia che superava i diciottomila euro di reddito, doveva pagare
l’assistenza del 2012 ben 18,25 euro l’ora. Si sommano dunque il reddito
della famiglia e il reddito dei disabili e il gioco è fatto.
L’unico accorgimento, adottato da allora, è stato l’innalzamento
della soglia di reddito, ma la somma richiesta per l’assistenza
domiciliare resta ancora molto alta e ingiustificata, come confermato da
Vannini: «Diciotto euro l’ora sono davvero tanti, vanno alla Pomezia
servizi che è una compartecipata del Comune, di questi solo sette-otto
vanno agli assistenti sociali e gli altri? Posso affermare che così si
va a guadagnare sui disabili di Pomezia, magari per pagare la struttura,
i compensi alle segretarie e al direttore».
Due o tre ore di assistenza al giorno, festivi esclusi, a cifre
astronomiche, chi paga la cifra massima di 18,25 euro arriva a spendere
anche più di mille euro al mese, dodicimila in un anno. La cifra media
del centinaio di pazienti si aggira intorno ai cinquemila euro richiesti
e dilazionati in rate da seicentottanta a ottocento euro mensili, quasi
uno stipendio per molte famiglie, che, o pagano o mangiano.
«Prendo circa ottocento euro al mese di cassa integrazione ma senza
lo stipendio che porta a casa mia moglie non ce l’avrei fatta», ha
spiegato Vannini, che porta avanti la sua battaglia insieme a Francesca
Bassani: «Non capisco perché il Comune chieda questi 18,25 euro tutti a
noi, devo pagare centottantasette euro al mese per le ore di assistenza
prestate a mia madre, prende circa mille euro tra accompagno e
invalidità», ha aggiunto la Bassani: «Su cento famiglie, mediamente, se
ne va più della metà dello stipendio mensile, il Comune aveva detto di
aver ricevuto dalla Regione centosettantamila euro per l’assistenza
domiciliare e scolastica».
L’Amministrazione ora sostiene di aver esaurito i fondi della Regione
per i servizi sociali, per ogni ora di assistenza domiciliare guadagna
dieci euro, tramite la sua compartecipata, tolti i sette-otto euro dati
agli assistenti sociali. Che cosa ne faccia di questi dieci euro è
ancora oggi un mistero che, il Comitato dimensione disabili, vorrebbe
svelare al più presto.
Si parla di contributo da versare, senza sapere il perché, in quanto
non c’è nessuna contribuzione. Si paga tutto e basta. E se non si paga
addio assistenza domiciliare.
Nonostante tutto, Vannini si sente ancora ottimista, perché «questa è
una cosa che sta nel cuore degli italiani». Dopo le recenti polemiche e
le proteste delle famiglie si aspetta una risposta del sindaco: «Gli
chiederei un pochino più di sensibilità perché penso che la disabilità è
un problema con cui tutti possiamo avere a che fare. Basta la
sensibilità per fare il passo che serve, se c’è è semplice risolvere la
situazione e se non c’è non si fa niente. Chiederei di provare quello
che lui sente con in fatti, non con le parole».
popoffquotidiano.it
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