La bimba molestata cento volte al giorno e altri traffici di schiavi
Milioni di bambini nel mondo sono ridotti in schiavitù per fornirci
vestiti, gamberetti, tappeti ma anche organi e servizi sessuali. Il caso
di Sweety.
20.9 milioni sono due volte e mezzo New York e poco meno di Shanghai.
I dati mondiali sul traffico di esseri umani sono così allarmanti che
raramente se ne registra la potenza: 20.9 milioni di persone vittime di
traffico, di cui 11.7 milioni solo in Asia. Le vittime più evidenti sono
le donne e i bambini, ma anche gli uomini sono una quota rilevante di
questo business. Poco scolarizzati, più forti fisicamente e generalmente
provenienti da paesi in cui le class actions sono ancora sconosciute.
Ma se ne parla poco, perchè probabilmente senza la loro schiavitù nelle
nostre case ci sarebbero il 30% in meno di beni e prodotti alimentari.
Ma “una morte è una tragedia, un milione è statistica”, e il senso si
applica molto bene anche a questa situazione: il traffico di una
persona non è una notizia, venti milioni sono abbastanza spersonalizzati
da poterne parlare. Nel sensazionalismo giornalistico una cifra grande,
magari accompagnata da una storia triste, valgono più della semplice
(noiosa) analisi.
Nel crollo del Rana Plaza, poco più di una anno fa in Bangladesh,
sono morti più di mille schiavi. “Schiavi Liberi”, senza catene. Ma
schiavi nell’essenza: un lavoro che devi pagare per ottenere e che ti
lega ad esso per il debito contratto (spesso con lo stesso datore di
lavoro) è schiavitù, anche se c’è un salario che cerca di provare il
contrario. Questo è il caso delle prostitute nigeriane in Italia, dei
pescatori di gamberetti a Taiwan (sì, quelli nella mega confezione a
4.99 Euro).
Un lavoro frutto di inganno, la colf dell’est Europa che invece della
casa con i bambini a cui fare da baby sitter o degli anziani a cui
badare si ritrova sul marciapiede in Italia, è schiavitù.
Lavorare per un salario che non ti permette di vivere dignitosamente
solo perchè “è meglio di niente”, il caso della maggior parte dei
lavoratori del Rana Plaza, è schiavitù.
Di questi tipi di schiavitù non si parla. Principalmente perchè è un fenomeno del quale non possiamo fare senza.
Capita a volte di leggere su internet di qualcuno che, comprando un
paio di pantaloni o un maglione, ha trovato il biglietto con la
richiesta di aiuto di un lavoratore cinese, turco o bulgaro. Di questa
storia la parte più incredibile non è come il biglietto sia sfuggito ai
controlli, ma come sia possibile pensare che un capo di abbigliamento
venduto a un prezzo che, evidentemente, copre appena le materie prime,
non sia stato realizzato da uno schiavo.
I bambini sono in generale più vulnerabili, per una serie di motivi:
spesso provenienti da contesti disagiati in cui famiglie poverissime,
senza accesso a farmaci anticoncezionali e quindi impossibilitate a
regolare le nascite, devono essere “scartati” il prima possibile.
Per i neonati il mercato è florido: in Cina un bambino maschio puo’ costare fino a 11.800 Dollari, anche se alla famiglia vietnamita o cambogiana ne vengono dati tra i 200 e i 400. La politica del figlio unico fa sì che le donne cinesi preferiscano “adottare” (meglio sarebbe acquisire, siccome tutto questo viene fatto in totale assenza di pratiche legali) un bambino maschio, senza incorrere nel rischio di restare incinte di una femmina.
Nei paesi dell’est e centro Europa i prezzi variano, ma si tratta comunque di cifre accettabili (6-8000 Euro più il costo dei documenti).
Bambini più grandi trovano qualsiasi tipo di uso: dalla prostituzione (secondo o terzo mercato illegale più imponente al mondo, a seconda delle statistiche), alla manodopera ai lavori domestici.
Una nuova forma di schiavitù, in ambito prostitutivo, è il chat sex:
la pratica, comune tra adulti consenzienti, ha subito un’impennata da
quando all’altro capo della web cam hanno iniziato ad apparire bambini.
Prevalentemente provenienti dal sud est asiatico, i bambini vengono
posti davanti alla telecamera e viene loro richiesto, anche con la
forza, di fare quello che il cliente all’altro capo del mondo richiede.
Questo va dal togliersi i vestiti a praticare atti sessuali con bambini
più grandi o con adulti. Ovunque porti la fantasia e la carta di
credito, questi bambini possono arrivare. Ovunque.
Come?
Perchè spesso questi sono bambini che vengono raccolti dagli slum
dove abitano in colonie, con la famiglia o a seguito di un abbandono,
non sono mai stati registrati alla nascita e quindi, per la legge, non
esistono . Nessuna scuola si chiederà mai perchè sono assenti, nessun
assistente sociale (ammesso che ce ne siano) chiederà alla famiglia dove
siano finiti. Gli slums, favelas, bidonvilles, sono in molti paesi la
piazza del mercato della tratta: no man’s land dove tutto ha un prezzo e
il più forte vince sempre. Arriva un camioncino, un uomo (ma spesso
anche donne) che dispensa caramelle e offre posti in una scuola e come
il pifferaio magico si porta via i bambini, che passano dal non esistere
allo scomparire, inghiotti di un camioncino ed espulsi chissa’ dove.
La mancata registrazione delle nascite è forse il fattore che più
mette a rischio un infante: non esistere significa esistere solo per
coloro che possono nuocere.
Il fenomeno della prostituzione infantile è così diffuso che al fine
di denunciarlo l’ONG Terres des Hommes ha creato l’avatar di una bambina
filippina, Sweety (bambina creata completamente in digitale), e lo ha
pubblicato su un portale di chat sex. Il risultato sono state migliaia
di visualizzazioni e richieste di contatto nelle prime ventiquattro ore.
La faccetta paffutella, gli occhi a mandorla, il sorriso appena
accennato, hanno attratto migliaia di pedofili da tutto il mondo, cosa
che ha permesso a TdH, di concerto con i Governi locali, di identificare
le persone e perseguirle legalmente secondo la normativa dei paesi di
appartenenza.
Ma l’avvento di internet ha solo amplificato un fenomeno che già
esisteva, il nascondersi dietro a uno schermo è una questione di pura
opportunità (costa meno che andare in paesi dove la prostituzione
minorile è accettata, offre più privacy), la natura però non cambia.
E purtroppo la prostituzione minorile, come tutti i tipi di schiavitù – dalla pesca che consente ai consumatori di acquistare pesce surgelato a un prezzo irrisorio considerata la provenienza, all’abbigliamento – si porta dietro un bagaglio di fatturato e indotto (alberghi, ristoranti, attivita’ ludiche) a cui spesso i governi non sono in grado di (o a cui non vogliono) rinunciare.
popoffquotidiano.it
Commenti
Posta un commento