Civili



Si chiama roof knocking, bussare sul tetto, e funziona così: un missile senza carica esplosiva, o con una carica molto debole, colpisce il tetto di un’abitazione dove l’esercito ritiene siano nascosti razzi o esplosivi. Le persone che vivono nell’edifici hanno pochi minuti per scappare. 

Poi arriva una seconda bomba, questa volta con l’esplosivo, che rade al suolo la casa. On sempre tutti riescono a mettersi in salvo in tempo. E capita anche che lo stesso missile di avvertimento uccida delle persone. I video sono impressionanti. L’inquadratura è fissa su un groviglio di palazzine. Si sente il sibilo di un missile, si vede l’impatto sull’edificio, che subisce qualche danno. Poi voci concitate, uomini e donne che urlano. Pochi minuti dopo, un altro fischio, ma stavolta l’esplosione è violenta, e dalla nube di calcinacci e detriti si capisce che la casa è stata distrutta. Fino a qualche tempo fa, i militari israeliani usavano solo il telefono: una voce annunciava l’arrivo della bomba. Però non funzionava sempre, quindi sono passati al roof knocking.

Ma non è per ragioni umanitarie che i civili vengono avvertiti. I legali dell’esercito sostengono che se gli abitanti di una casa sono avvisati e non vanno via, possono essere considerati “danni collaterali legittimi”. In base a questa interpretazione di legge, le vittime civili diventano scudi umani

Ma naturalmente è (o dovrebbe essere) sempre illegale colpire i civili, anche se per avvertirli. “Allora preferite che non li avvisiamo?”, ribattono i militari a chi critica il roof knocking. “Chiedere di scegliere il male minore a partire da una serie di opzioni limitate è sbagliato” spiega l’intellettuale israeliano Eyal Weizman, “e chi pone questi dilemmi lo fa sempre da una posizione di potere e su questioni che riguardano la vita e la morte di altri”. Weizman sottolinea che i missili sempre più precisi uniti alla giustificazione legale degli avvertimenti hanno dato all’esercito israeliano lo strumento per colpire “obiettivi senza nessuna rilevanza militare, in zone densamente edificate in cui vivono molti civili”.










Fonte: rivista “Internazionale" (1060)

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