Discarica Italia
La strategia "Rifiuti zero 2020"
voluta dall'Unione Europea dice che riciclaggio, compostaggio e
riutilizzo devono prendere il posto di tecniche poco ambientaliste come
l'incenerimento e lo stoccaggio in discarica. A che punto sta il Bel
Paese? Cadoinpiedi.it lo ha chiesto a Rossano Ercolini, presidente
dell’associazione Zero Waste Europe e autore di Non Bruciamo il futuro
(Garzanti, 2014).
Le luci della ribalta le ha conquistate la Terra dei Fuochi. Ma il
problema dei rifiuti in Italia non è tutto lì. Ed è molto lontano
dall'essere risolto. Città come Napoli o Roma rimangono osservate
speciali, mentre altri comuni virtuosi danno il buon esempio
raggiungendo best practices d'eccellenza. E sono mosche bianche.
Il tempo, però, adesso stringe. E le disparità vanno risolte al più presto, perché la strategia "Rifiuti zero 2020" voluta dall'Unione Europea dice che riciclaggio, compostaggio e riutilizzo devono prendere il posto di tecniche poco ambientaliste come l'incenerimento e lo stoccaggio in discarica. "L'Italia è un paese un po' particolare, è come se viaggiasse sulle montagne russe: abbiamo situazioni di emergenza che si alternano a situazioni di altissimo livello", ha detto a Cadoinpiedi.it Rossano Ercolini, presidente dell'associazione Zero Waste Europe, per la diffusione della strategia Rifiuti Zero, a cui oggi aderiscono 125 Comuni, vincitore del Goldman Environmental Prize 2013, il Nobel per l'ecologia, e autore di Non Bruciamo il futuro (Garzanti, 2014).
DOMANDA: Dopo un periodo in cui nell'opinione pubblica, anche
per l'emergenza napoletana, si parlava molto di rifiuti, ora
l'attenzione sembra essere scemata. È così?
RISPOSTA: Io credo che al di là di quella situazione il
problema a livello nazionale rimanga e sia fortemente percepito. La
vicenda della Terra dei fuochi sta attivando le migliori energie, ma
l'attenzione minuta ai problemi un pochino si è persa.
D: Vale lo stesso per la politica?
R: Il Parlamento non ha dato un contributo rilevante.
Meglio ha fatto la circolare dell'ex ministro all'Ambiente, Andrea
Orlando, che ha definito come reato ambientale l'invio in discarica di
rifiuti non trattati. È stata una vera e propria rivoluzione, che è
coinciso con lo scandalo della gestione di Malagrotta a Roma.
D: Quanto conta l'attivismo?
R: L'Italia è un Paese dove le buone pratiche, che
danno risultati eccezionali, sono prodotto di un fai da te. In questo
senso la proposta di legge di avvicinamento all'obiettivo "rifiuti zero"
consegnata alla presidente Boldrini con 90 mila firme vuole essere uno
stimolo ad andare nella direzione indicata dall'Europa.
D: Che è quella di una gestione completamente diversa dei rifiuti. Non è così?
R: L'Europa ci dice che nel cassonetto c'è una miniera
urbana. La spinta europea viene in sostanza per motivi economici: ci
invitano a estrarre dal cassonetto materie prime e seconde che saranno
indispensabili nei prossimi 25 anni.
D: Il cambio di guardia al ministero dell'Ambiente può essere negativo?
R: Quello di Orlando era stato un ingresso onesto. È
venuto dicendo che non conosceva il settore, ma è progredito
nell'affrontare i problemi in modo accettabile. La stessa normativa
sulla Terra dei fuochi può esser migliorata, però almeno c'è. In Italia
succede sempre così. Adesso Orlando è finito alla Giustizia, e forse può
portare dei vantaggi perché la definizione di reato ambientale potrebbe
trovare maggiore energia dopo il suo arrivo. Vedremo.
D: Si è già fatto un'opinione del nuovo ministro?
R: No, non lo conosco. Certo, tutto ci lascia scettici:
il dibattito in Parlamento adesso è legato a questioni megapolitiche
più che ambientali.
D: La proposta di legge consegnata al presidente della Camera, Laura Boldrini, che fine ha fatto?
R: Ci disse che stava lavorando alla rivalutazione di
proposte dal basso. Sembrava avessimo un incontro a breve con le
commissioni, ora con questo cambio si andrà, se va bene, all'autunno.
D: Cosa prevedeva la vostra proposta?
R: L'applicazione su scala normativa dei dieci passi
per l'attuazione rifiuti zero per arrivare al 2020 a zero rifiuti o
almeno vicini all'obiettivo. Ci sono alcuni punti cardine come la
definizione di reato ambientale, la distinzione di competenze tra
smaltitore e chi raccoglie i rifiuti, perché oggi la differenziata la fa
chi possiede la discarica. Va detto che il 70% del problema lo
risolvono i cittadini, al momento.
D: E il resto?
R: Un buon 20% va messo nelle mani dei produttori di
imballaggi non riciclabili. Ci sono degli errori di progettazione
industriale, bisogna ripensare i prodotti in modo che siano facilmente e
correttamente smaltibili.
D: Prima abbiamo citato Malagrotta, com'è la situazione in Lazio?
R: A parole buona. Il direttore di Ama - la società
romana incaricata dei rifiuti - è venuto a Capannori, ci ha incontrato
voleva conoscere le nostre best practices. In Lazio c'è un forte
movimento zero waste. Ci sono segnali di grande attenzione anche dalla
politica. Però siamo sempre lì: se non c'è il cittadino comune,
organizzato, il movimento che mette il fiato sul collo spesso le aziende
lavorano in modo burocratico e volontà politica non risulta così
energica. In salita non si sta fermi, si torna indietro.
D: A Napoli invece com'è la situazione?
R: Il problema lì è duplice, da un lato c'è un
pregresso tragico che ha necessità di bonifiche ampie e rapide,
dall'altro serve una moderna gestione del materiale di scarto. Nel 2011
Napoli, assediata da molti comuni circostanti, ha adottato la delibera
"rifiuti zero". Ho personalmente incontrato più volte il vicesindaco,
Tommaso Sodano, che conosco dai tempi dell'inceneritore di Acerra, e ha
istituito un osservatorio sui rifiuti. Ecco, lì non solo non abbiamo
visto progressi come erano stati promessi, ma le cose sono peggiorate.
D: Ovvero?
R: La differenziata è diminuita perché non è stato
esteso il porta a porta. C'è inerzia, siamo sempre ai livelli della
Iervolino, non riusciamo a far decollare le buone pratiche. Immaginavamo
la complessità della situazione ma entro il prossimo mese sospenderemo
Napoli dall'elenco dei Comuni rifiuti zero. La crescita della coscienza
civile napoletana c'è stata, ma senza cambiamenti organizzativi da sola
la gente non è disposta a collaborare. Si tratta di un'occasione persa
che pesa sul collo del sindaco Luigi de Magistris, e lo diremo con
brutalità.
cadoinpiedi.it
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