Google ha mentito: sapevano dello spionaggio NSA
Un rappresentante della NSA smentisce Google e altre aziende, che sapevano dello spionaggio.
Google, Microsoft, Apple, Facebook e altri sapevano tutto,
e hanno mentito riguardo allo spionaggio della NSA nei loro confronti.
Le aziende coinvolte infatti avevano negato un coinvolgimento diretto,
rimandando al mittente ogni ipotesi di complicità. Rajesh De della NSA e
altri rappresentanti del governo Obama hanno invece dichiarato l'esatto
contrario.
Le dichiarazioni sono state rilasciate a una commissione del Senato, alla quale De ha anche spiegato che il programma PRISM godeva di autorizzazione legale. Per le aziende implicate si è trattato di rispondere a un obbligo legale, riguardo al quale sono state debitamente informate.
Ed è così nuovamente smentita quella che è sempre sembrata una difesa piuttosto debole
da parte di Google e gli altri: hanno cercato di farsi passare per
vittime del tutto innocenti, forse per non apparire complici nella più
grande operazione di spionaggio mai resa pubblica.
L'unica a essere stata un pochino più onesta fu Microsoft, i cui
portavoce dissero che l'azienda fornisce dati al governo quando riceve
richieste compatibili con la legge. Tutti gli altri cercarono invece di
sorvolare e di restare ambigui. Cercavano evidentemente di proteggere la propria immagine, ma visto la rivelazione odierna forse non è stata una grande idea.
Mentre a Washington si rilasciavano queste dichiarazioni, comunque, in Canada Larry Page (AD, Google) affermava che "è tremendamente deludente che il governo abbia più o meno segretamente fatto tutte queste cose senza dircelo. Non credo che possiamo avere una democrazia se dobbiamo proteggerci dal governo su cose di cui non abbiamo mai nemmeno parlato".
Ancora una volta Page ha riconfermato la posizione di Google: lo spionaggio governativo è parzialmente accettabile, ma dev'essere trasparente e
si deve permettere alle società di comunicare chiaramente agli utenti
ciò che succede. "Il governo si è dato la zappa sui piedi agendo in
segreto", ha affermato Page, "credo che sia opportuno discutere sul tema
o non potremo avere una democrazia funzionante. Non è possibile".
Le dichiarazioni di Page tuttavia non sono tuttavia ispirate solo a principi di libertà e di democrazia, ma anche agli interessi dell'azienda stessa.
Il fondatore di Google è preoccupato che la gente diventi paranoica sul
tema della privacy e rinunci a condividere informazioni importanti,
necessarie per alcuni dei servizi proposti da Google.
Il terreno in questione è quello della salute e di Google Health, un servizio che esiste solo negli Stati Uniti. L'idea è che le persone rendano accessibili informazioni sulla propria storia clinica, così che i medici possano usarle per lavorare al meglio. Affinché il sistema funzioni, la fiducia è ovviamente fondamentale.
"Mi preoccupa il fatto che con la privacy stiamo facendo la stessa
cosa che con i dati medici - cioè gettare via il bambino con l'acqua
sporca. Non stiamo pensando al bene che si può fare condividendo le informazioni nel modo giusto".
In altre parole Larry Page vorrebbe che tutti ci fidassimo tanto da mettere online informazioni personali anche molto riservate.
Così potrebbero nascere e svilupparsi nuovi servizi e nuove occasioni
di guadagno per Google e altre aziende, e noi come utenti potremmo
godere di una Rete ancora più utile o versatile.
Allo stesso tempo continua a valere un principio ormai datato, ma non ancora abbastanza noto e diffuso: se non paghiamo qualcosa, allora siamo noi stessi il prodotto.
Con tutti i dati che condividiamo online, più o meno consapevolmente,
qualcun altro fa commercio. Possiamo accettarlo oppure rifiutarci,
l'importante è esserne consapevoli.
In altre parole come consumatori possiamo dire a Google ciò che l'azienda dice al governo: posso tollerare che prendi i miei dati come una merce, ma devi essere trasparente nel comunicarmelo.
Può sembrare un'assurdità, ma dopotutto Sergey Brin, l'altro fondatore
di Google e ancora uno dei massimi dirigenti, un paio di giorni fa ha
avuto un incontro ravvicinato e cordiale proprio con Edward Snowden, o
almeno con una sua versione virtuale e robotizzata. Potrebbe essere un
buon segno.
tomshw.it
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