La Nasa avverte: "La civiltà umana è vicina al collasso economico ed ecologico"
Per salvarci dobbiamo ridurre diseguaglianza, consumo di risorse e crescita della popolazione.
Lo studio, finanziato dall’Agenzia spaziale e basato su modelli
matematici, ha già mandato in fibrillazione la comunità scientifica e
non solo.
Deve ancora essere pubblicato su Ecological Economics ma fa
già discutere, divide e molti cercano di piegarlo alla propria
ideologia. Lo studio, finanziato dal Goddard Space Flight Center della
Nasa, prevede la scomparsa della civiltà umana in breve tempo. Se non
limiteremo radicalmente le nascite e se non elimineremo la crescente
disuguaglianza nella stratificazione della ricchezza e non useremo
meglio le risorse naturali, avvertono dalla Nasa, la specie umana è
condannata.
Un team di matematici della Nasa, sostenuto dal National Socio-Environmental Synthesis Center
e guidato da Safa Motesharrei dell’US National Science Foundation ha
sviluppato, con il contributo di scienziati naturali e sociali, un
insieme di quattro equazioni che rappresentano la società umana. È
arrivato alla fosca previsione che il crollo della civiltà umana sarà
«difficile da evitare». Gli scenari possono essere diversi ma, a causa
della mancanza di altruismo e lungimiranza delle sue élite, nei prossimi
decenni l’umanità sembra votata al disastro. L’ingordigia dei ricchi
darà come risultato, «una fame tra i comuni mortali che potrebbe finire
per causare il crollo della società».
Verrebbe da dire che esistono sempre la rivoluzione e/o la politica.
Lo pensano anche alla Nasa, perché sono convinti che il mondo sia in
qualche modo “bloccato” da un pugno di privilegiati e che lo scenario
più probabile sia la fine della civilizzazione così come la conosciamo… a
meno che la comunità mondiale non attui due grandiosi cambiamenti
politici (e rivoluzionari): vanno fortemente ridotte le ineguaglianze
e/o la crescita della popolazione deve essere fermata. Insomma, la
destra politica (quella dell’iperliberismo) e culturale (quella
anti-abortiste e contro il controllo delle nascite), ci sta portando al
disastro in nome dell’ideologia.
A rendere nota questa oscura profezia matematica sul suo blog
ospitato da The Guardian è stato lo scrittore Nafeez Ahmed, che è anche
direttore dell’Institute for policy research&development, secondo il
quale il rapporto Nasa rappresenta un «segnale di avvertimento molto
credibile», mentre l’insieme dei cambiamenti politici suggeriti «è
immediatamente necessario». Ahmed sottolinea che «gli scienziati
naturali e sociali hanno sviluppato un nuovo modello di come la
“tempesta perfetta” di crisi potrebbe far crollare il sistema globale».
Notando che le avvisaglie del “collasso” sono state spesso viste come
marginali o controverse, lo studio cerca di dare un senso a dati
storici convincenti, dimostrando «il processo di ascesa e crollo è in
realtà un ciclo ricorrente che si ritrova nel corso della storia». Casi
di gravi perturbazione della civiltà a causa di un «crollo precipitoso –
spesso durato secoli – sono stati abbastanza comuni». Gli esempi non
mancano: «La caduta dell’impero romano e dell’altrettanto (se non più)
avanzati imperi Han, Maurya e Gupta, così come tanti imperi mesopotamici
progrediti, sono tutte testimonianze del fatto che andando avanti le
civiltà sofisticate, complesse e creative, possono essere sia fragili
che non permanenti».
Studiando le dinamiche uomo-natura dei collassi delle civiltà del
passato, sono stati individuati i fattori salienti che spiegano il
declino della civiltà, e che possono contribuire a determinare il
rischio di crollo delle nostre società odierne: popolazione, clima,
acqua, agricoltura ed energia.
Tutti fattori che possono portare al collasso quando convergono per
produrre due funzioni sociali fondamentali: «Il restringersi delle
risorse a causa della pressione sulla capacità di carico ecologico» e
«la stratificazione economica della società in élite [ricchi] e masse (o
“gente comune”) [poveri]». Sono questi i fenomeni sociali hanno svolto
«un ruolo centrale nel carattere e nel processo del crollo» di tutte le
civiltà e gli imperi umani «degli ultimi 5000 anni».
Ahmed sottolinea che «attualmente, gli alti livelli di
stratificazione economica sono direttamente collegati al consumo
eccessivo di risorse, con le “élite” basate in gran parte nei Paesi
industrializzati che ne sono responsabili». Il rapporto evidenzia che
«il surplus accumulato non è distribuito uniformemente in tutta la
società, ma piuttosto è controllato da una élite. Mentre la produzione
della ricchezza viene allocata solo ad una piccola parte della società,
le élite, la massa della popolazione di solito è appena al di sopra dei
livelli di sussistenza».
Il National Post fa notare che «lo studio stranamente
ricorda gli scritti del XIX secolo dello studioso inglese Thomas
Malthus, il quale concluse che senza massicci controlli del tasso di
natalità (preferibilmente tramite l’astinenza), l’umanità sarebbe stata
condannata a mangiare se stessa, volgendosi a fame e disastri. Duecento
anni di progressi tecnologici in agricoltura, tuttavia, hanno reso molte
delle previsioni di Malthus alquanto discutibili». Ma i matematici
della Nasa e i loro colleghi contestano che, anche aumentando
l’efficienza con la tecnologia, possano essere risolti i colossali
problemi di oggi: «Il cambiamento tecnologico può aumentare l’efficienza
dell’uso delle risorse, ma tende anche ad aumentare sia il consumo di
risorse pro-capite che il livello di estrazione delle stesse, in modo
che, in assenza di indirizzi politici, gli aumenti dei consumi spesso
compensano la maggiore efficienza nell’uso delle risorse». Tutto ciò in
economia è d’altronde ben noto da tempo, sotto il nome di paradosso di
Jevons.
I ricercatori fanno l’esempio dell’aumento della produttività
agricola e industriale negli ultimi due secoli, ed evidenziano che
l’impatto sulle risorse è aumentato invece che il contrario, nonostante
nello stesso periodo si siano avuti eccezionali incrementi
nell’efficienza.
I quattro soggetti in cui lo studio riduce l’ambito della civiltà
umana sono: le élites, la gente comune, la natura e la ricchezza. Una
divisione conseguente al fatto che, appunto, «gli ostacoli ecologici» e
la «stratificazione economica» sono i due principali fattori che hanno
provocato sempre il crollo delle società. Ad ogni fattore è stata
assegnata un’equazione matematica complessa, riunendo poi il tutto nel
modello Human and Nature Dynamical (Handy), configurato per
calcolare il destino di ogni tipo di società, compresa la «società
ineguale», cioè il sistema nettamente diviso tra ricchi e poveri che
secondo i matematici della Nasa «riflette in maniera più giusta la
realtà del nostro mondo d’oggi».
Nel primo scenario, la popolazione delle élite raggiunge il suo picco
tra 750 anni, causando una «penuria di operai» che farà crollare la
civiltà umana entro 1.000 anni. «Sembra di essere su un percorso
sostenibile per un periodo piuttosto lungo – si legge nello studio – ma
anche con un tasso di esaurimento ottimale e partendo da un piccolo
numero di élites, queste alla fine consumano troppo, causando una
carestia tra la gente comune, il che alla fine causa il collasso della
società. È importante notare che questo tipo collasso è dovuto ad un
carestia indotta dalla disuguaglianza che provoca una perdita di
lavoratori, piuttosto che da un crollo della natura».
Nel secondo scenario, quello del “crollo totale”, le élites e la
gente comune entro 350 anni consumeranno in maniera irreparabile le
risorse della Terra, e questo porterà ad un crollo che lentamente
distruggerà sia l’umanità che il pianeta entro 500 anni. Il rapporto
evidenzia che «con un tasso di esaurimento più grande, il declino della
gente comune avviene più velocemente, mentre le élite sono ancora
fiorenti. Ma alla fine la gente comune crollerà completamente, seguita
dall’élite».
Queste, oggi, sono dinamiche già in corso. «E’ importante notare che
nei due scenari, le élites (a causa della loro ricchezza) soffrono
degli effetti nefasti e del crollo ambientale ben più tardi dei comuni
mortali. Potremmo supporre – afferma Motesharrei – che questa barriera
di ricchezza permetta alle élites di continuare a funzionare come da
abitudine, malgrado la catastrofe imminente».
Infatti in entrambi gli scenari le élites monopolizzano la ricchezza e
quindi possono “tamponare” la maggior parte degli effetti negativi del
crollo ambientale per molto più tempo della massa, continuando nel loro
“business as usual” nonostante la catastrofe imminente. Applicando il
modello Handy alla nostra situazione contemporanea, lo studio avverte
che: «Mentre alcuni membri della società possono dare l’allarme
avvertendo che il sistema sta andando verso un collasso imminente e
quindi sostengono cambiamenti strutturali della società al fine di
evitarlo, le élites e i loro sostenitori che si oppongono ad apportare
queste modifiche potrebbero puntare su una strategia “del troppo lontano
nel tempo”, al sostegno del non fare nulla».
Tuttavia, gli scienziati sottolineano che gli scenari peggiori non
sono affatto inevitabili, e suggeriscono che la politica appropriata e
cambiamenti strutturali potrebbero evitare il collasso, se non spianare
la strada verso una civiltà più stabile: «Il collasso può essere evitato
e la popolazione può raggiungere l’equilibrio se il tasso pro capite di
esaurimento della natura viene ridotto ad un livello sostenibile e se
le risorse vengono distribuite in modo abbastanza equo».
I soli due scenari che non conducono all’estinzione dell’umanità sono
quelli in cui c’è un forte controllo della natalità e/o dove «le
risorse sono distribuite in maniera equa e ragionevole», e gli
scienziati spiegano che tali scenari non-mortali sono «concepiti per
indicare il genere di politiche necessarie a evitare i risultati
catastrofici».
Probabilmente gli scienziati della Nasa non hanno mai letto Rosa
Luxemburg, ma risuona forte il suo «socialismo o barbarie». Le due
soluzioni principali sono ridurre la disuguaglianza economica, in modo
da garantire una distribuzione più equa delle risorse, e ridurre
drasticamente il loro consumo basandosi meno sulle risorse non
rinnovabili e frenando la crescita della popolazione.
Ahmed conclude: «Anche se lo studio è in gran parte teorico, una serie di altri studi più empiricamente focalizzati – del Kpmg e
del Government office of science della Gran Bretagna, per esempio
– hanno già avvertito che la convergenza delle crisi alimentari,
dell’acqua e dell’energia potrebbe creare una “tempesta perfetta” già
entro circa 15 anni. Ma queste previsioni “business as usual” potrebbero
essere molto prudenziali».
Da quando sono uscite le anticipazioni di Ahmed nei Paesi
anglosassoni ambientalisti, sinistra e destra stanno cercando di
appropriarsi delle 32 pagine dello studio per dimostrare che hanno
ragione loro.
Probabilmente ad aver ragione è Derrick O’Keefe, ex editore di
Rabble.ca, che ha scritto su Twitter che «questo studio finanziato dalla
Nasa prova che l’avvenire risiede nel socialismo o nell’estinzione». Ma
sui siti dell’ultra-destra spopolano commenti come quelli dell’anonimo
“M4Carbine”: «Questo è il motivo per cui continuo a comprare munizioni».
Anche Debora MacKenzie, una giornalista canadese che ha scritto sul
collasso sociale per New Scientist, è convinta che «quel che sappiamo
riguardo ad ogni civiltà crollata – i Maya, i Romani, le
dinastie cinesi, i Sumeri – è semplicemente che nessuna ha fatto tutte
le scelte giuste ed hanno continuato ad andare avanti così com’erano;
sembra sia qualcosa di intrinseco alla civiltà stessa». Al contrario,
alcuni archeologi sostengono che l’intero concetto di collasso sociale è
una drammatizzazione. Brendan Burke, preside di studi greci e romani
all’università australiana di Victoria, ha detto al National Post che, a
prescindere dal rapporto Nasa, «resto scettico all’idea di collasso
totale. Penso che i periodi della storia che noi chiamiamo “Età oscura”,
ovvero un periodo dopo un grande “collasso”, siano spesso solo un tempo
di cui si sa poco, o che è stato indagato poco». Speriamo solo che i
nostri posteri di una risorta civiltà non si trovino ad dover indagare
sulla nostra di “Età oscura”.
greenreport.it
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