Punito per NON aver scaricato inquinanti a mare
Dopo 12 anni il Tar ha stabilito che
l'ingegnere della marina militare David Grassi aveva fatto il suo
dovere: dire "no" al comandante che preferiva inquinare.
Febbraio 2002. La fregata Maestrale è diretta verso il golfo Persico, operazione “enduring freedom”.
A bordo c’è l’ingegnere David Grassi. È lui ad accorgersi per primo del
guasto agli impianti di trattamento delle acque di sentina. D’altronde
c’era da aspettarselo: i motori della Maestrale hanno sempre goduto di
una pessima fama e di avarie del genere ce n’erano sempre state. Ma pur
di farsi trovare pronti all’azione e guadagnarsi un posto al sole, chi
aveva la responsabilità della nave ha deciso di non farne menzione. E
così, dopo qualche giorno di navigazione, i marinai si trovano la
sentina piena di liquidi che non possono essere scaricati in mare
perché troppo pieni di inquinanti.
La soluzione ci
sarebbe: attraccare al primo porto disponibile e far intervenire una
ditta di smaltimento, come impongono le regole. Ma fermarsi in
porto significa perdere tempo, e col tempo si rischia di perdere anche
la faccia. E prima di perdere la faccia, si comincia a pensare a qualche
sotterfugio. «Ci dicevano di non preoccuparci, che avremmo sversato i
liquidi in mare nottetempo» racconta David.
David a quel punto comincia a prendere nota di ogni minimo movimento in sala macchine, fotografa ogni cosa sospetta,
e riferisce al comandante che in caso di azioni irregolari è pronto a
riportare il tutto agli organi di stampa. Tutti si rassegnano e la nave
si dirige verso il porto più vicino. E David, come premio, si prende una
bella sanzione disciplinare: 15 giorni di consegna di rigore.
Da allora David si convince di essere vittima di un mobbing spietato.
Tornato a terra riceve una scheda valutativa che lo dipinge come
“ambiguo, poco leale, altezzoso, arbitrario”, quando fino ad allora era
sempre risultato “rispettoso, amichevole, preciso, obiettivo”. E per
anni, a ogni occasione, gli continuano ad essere chieste spiegazioni
sull’accaduto, «e non come faccio ora con te, dove posso anche
argomentare, ma sempre dicendomi: ma cosa hai fatto? Come ti sei
permesso? Senza un minimo di approfondimento». Fino a quando David non
ne può più e appende al chiodo la divisa.
L’unica soddisfazione David la ottiene a gennaio di quest’anno.
È una sentenza del Tar Liguria che annulla il provvedimento
disciplinare del 2002. Dodici anni dopo. E con un risarcimento
sufficiente a pagare circa un decimo della parcella del suo avvocato.
Intanto in tutti questi anni la fregata
Maestrale ha continuato la sua attività indisturbata. David sostiene di
aver ricevuto più volte segnalazioni di guasti simili a quello di 12
anni fa. Come siano stati risolti in assenza di una testa dura come
l’ingegner Grassi non è dato sapere.
corriere.it
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