Fiscal drag e cuneo fiscale: la farsa della Legge di Stabilità scoperchiata da ISTAT e Bankitalia

Ci pensano l'Istat e la Banca d'Italia a scoperchiare definitivamente tutti i dubbi relativi ai presunti risparmi IRPEF relativi all'abbattimento del cuneo fiscale: a beneficiarne saranno in particolare i più ricchi, ma soprattutto gran parte dei presunti risparmi verranno divorati dal cosiddetto fiscal drag.

Secondo l'Istat sui 12,23 milioni di famiglie che beneficeranno dell'aumento delle detrazioni IRPEF contenute nella legge di stabilità proposta dal governo la meta appartine ai due quintili superiori, ovvero quelli più ricchi.

Ancora peggiore è lo stupore relativo alla questione fiscal drag: questo fenomeno, conosciuto in italiano come drenaggio fiscale, ci rivela che, mantenendo fissi gli scaglioni e le aliquote, la pressione fiscale reale aumenta automaticamente a causa dell'inflazione. Detto altrimenti, in mancanza di adeguamento degli scaglioni di reddito per registrare il minor valore del denaro la pressione fiscale aumenta naturalmente in modo subdolo e per questo molto più dannoso. In parole ancora più povere, in un sistema fiscale come quello italiano il contribuente ogni anno paga sempre più tasse anche se il governo non cambia di una virgola nella sua politica fiscale da un anno all'altro.

All'atto pratico questo significa che il risparmio previsto dal governo in termini nominali in realtà sparisce in termini reali, che sono quelli che più contano, poiché il presunto risparmio nelle imposte sembra essere a malapena sufficiente a coprire l'aggravio automatico d'imposta per circa due miliardi, che deriva appunto dal fiscal drag, mostruosità che però nessun governo si azzarda a toccare.

Si tratta di un gioco di prestigio necessario per mascherare una realtà più dura di quella che l'esecutivo vuole propinare all'elettorato: infatti secondo il governo Letta il prodotto interno lordo del 2013 dovrebbe calare dell'1,7 per cento, per poi aumentare dell'1 per cento nel 2014. La Banca d'Italia però ha deciso di aggiungersi al coro di coloro i quali ritengono che il governo sia stato troppo ottimista: per Palazzo Koch la contrazione del prodotto interno lordo sarà dell'1,9 per cento, contro un consenso internazionale di -1,8, mentre nel 2014 la crescita dovrebbe attestarsi a +0,7 per cento, in linea con altri osservatori e istituzioni. All'atto pratico significa che rispetto alle previsioni già mancano soldi non solo per il 2013, ma anche per il 2014 (grossomodo qualche miliardo di euro).

L'unica buona notizia deriva dal fatto che secondo i tecnici di Ignazio Visco, dopo il 2014 la crescita tesa dovrebbe essere più elevata rispetto a quella prevista dal governo nel documento di economia e finanza, ma si tratta comunque di un orizzonte temporale troppo lungo per risultare affidabile, poiché, afferma la stessa Banca centrale, tale crescita attesa «presuppone il pieno dispiegarsi degli effetti delle riforme strutturali», di cui l'Italia non è mai stata campione visto che le aspetta da almeno vent'anni.

Non va poi dimenticato che secondo il governo lo spread fra i titoli di Stato italiani e tedeschi dovrebbe essere largamente inferiore rispetto a quanto previsto dai mercati, e che quindi la spesa per interessi rischia di essere più alta rispetto alle attese.

Insomma ce n'è abbastanza per non dormire sonni tranquilli, ma, se si vuol essere inguaribili ottimisti, anche per cercare di mettere da parte il populismo spicciolo e il tifo partigiano da stadio, e chiedere alla politica di essere responsabile e sforzarsi di prendere quello che sembra essere l'ultimo treno a disposizione dell'Italia.


btimes.com
 

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