Riciclare la plastica al 100% è possibile, anche in Italia
Su invito del CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) siamo andati a vedere cosa succede in un impianto di riciclo della plastica e non solo (ma anche dell’umido) vicino a Bergamo per scoprire come è veramente la seconda vita dei nostri rifiuti.
‘Ma cosa stai lì a differenziare… tanto poi mettono tutto assieme!’
Quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase da un amico, una
mamma o un collega, che ci hanno ‘scoperto’ nell’atto di gettare un
rifiuto nel contenitore giusto.
Questo è piuttosto un alibi per
chi, di fare fatica a dividere i vari tipi di rifiuti in base al
materiale di cui sono fatti, non ne ha la minima voglia. Eppure non è
così. La nostra visita me lo conferma. La realtà è ben diversa da
quella dipinta da queste ‘leggende urbane’ e quasi tutti i rifiuti urbani e industriali vengono avviati correttamente al riciclo, ed i Comuni ne sono i primi responsabili.
Ovviamente
esistono anche altri scenari, come quelli descritti dalle inchieste
della Magistratura e portati alla ribalta dai media, per cui in certe
zone d’Italia la gestione dei rifiuti è allo sbando, oppure in mano alle
varie eco-mafie.
Però ci sono anche, e quelli non fanno troppo baccano sui giornali,
molti casi virtuosi in cui tutta la filiera è controllata, e segue il
principio cardine per diminuire le emissioni di CO2: la differenziata, da sola, non basta; serve anche il riciclo.
L’occasione è la visita ad un’azienda che, per conto del consorzio per il riciclo dei polimeri CO.RE.PLA raccoglie montagne di bottiglie e contenitori plastici dalla Lombardia (e anche da altre Regioni) per renderle riciclabili, poi le riacquista e le trasforma in materia prima seconda, pronta per una nuova vita. Si tratta dell’impianto della Montello SpA, a Bergamo, dove si ricicla la plastica ma anche l’organico, da cui si ricava compost che farà girare le turbine di questo vecchio sito siderurgico, per produrre elettricità pulita.
Qui, da alcuni anni, tutti hanno capito, a cominciare dal proprietario, che il rifiuto più che un problema è una risorsa.
Dalla plastica attraverso vari passaggi di selezione meccanica,
pulizia, filtraggio e separazione da altri residui non riciclabili, si
arriva ad ottenere un materiale perfettamente riciclabile: il 75% diventa altra plastica, che qui chiamano materia prima seconda per distinguerla dalla materia prima vergine, e il 25% sarà avviato ai cementifici come carburante, che qui chiamano amichevolmente bio-PET ma che tecnicamente è il CDR, il combustibile solido da rifiuto.
Alla Montello lavorano in 400, prevalentemente donne, sempre, giorno e notte, tutto l’anno. Perché si tratta di un impianto a ciclo integrato, che non può fermarsi mai. E anche noi, del resto, i rifiuti li produciamo sempre, giorno e notte, Natale e Ferragosto…
Qui nulla viene sprecato: si trattano 120.000 tonnellate l’anno di materie plastiche e 210.000 tonnellate di organico.
I rifiuti plastici arrivano sia sciolti che imballati e, all’interno
di un enorme capannone dal rumore assordante, avviene la vera e propria selezione
grazie a vari nastri, che viaggiano a velocità decisamente elevata (3
m/s), grandi soffi d’aria che separano i più pesanti dai più leggeri e
all’attenzione degli addetti, che procedono allo smistamento manuale
fine di quel 3% che le macchine non riescono a separare automaticamente.
Alla fine del processo si ottengono grandi ‘pacchi’ di bottiglie,
la parte nobile della plastica, divise per colore: dalle chiare, quelle
con maggiore potenzialità di riciclo, alle più scure, fino alle opache.
Ora tutto è pronto per essere avviato al vero e proprio riciclo, mentre
i tappi, gli shopper e altri residui plastici di minor valore vengono avviati alla produzione di CDR.
Questo di Montello è infatti l’unico impianto capace di trattare questi scarti per ricavare il bio-PET, mentre gli altri impianti di selezione dei polimeri su cui si appoggia il consorzio CO.RE.PLA si limitano ad avviarlo al termovalorizzatore.
Con maggiori costi per i cittadini in termini di danno ambientale ed
economico. Qui invece l’impianto le riacquista dal consorzio, le lavora,
scartando le plastiche clorurate che formerebbero diossina con il
calore, e attraverso un mulino le macina per poi ridurle in ‘coriandoli’
da avviare ai cementifici.
Finito il lavoro per conto di
CO.RE.PLA. anche la Montello partecipa alle aste per l’acquisto della
plastica già selezionata e pronta per essere trasformata in nuovi
materiali. E’ una gigantesca lavatrice che lava, separa (per flottazione
così da eliminare i corpi estranei), centrifuga, macina la plastica in
quelle che in gergo vengono chiamati chips, scaglie e flakes.
Tecnicamente Montello SpA è una delle aziende della filiera del riciclo che partecipa al riciclo di quel 35,9 % degli imballaggi plastici consumati in Italia
(fonte: Conai) per ricavarne diversi prodotti in materia prima seconda
quali: scaglie PET, granuli HDPE, granuli poliolefinici e geomemebrane
bugnate. Tutti piccoli pezzetti di tipo diverso che daranno vita a nuovi prodotti plastici sia ad estrusione che ad iniezione.
Nasceranno così vaschette per alimenti, legacci per i sacchetti, vasi
da fiore, membrane per gli usi edili, componenti per le auto (cruscotti
e tappetini), blister per medicinali, filati per maglioni e coperte (pile) e bottiglie per l’acqua. L’unica precauzione è che per legge i contenitori destinati agli alimenti non possono superare il 50% della loro composizione con materie plastiche seconde
e non devono venire a contatto con il cibo, quindi la plastica
riciclata va accoppiata con plastica ‘vergine’ per la parte vicina
all’alimento.
Un laboratorio interno esegue le analisi di routine sulla produzione, per controllare il grado di residuo e per certificare la tracciabilità dei lotti di produzione, così che si sappia sempre da dove proviene un determinato prodotto uscito dalla Montello.
Non
c’è che dire, un meccanismo perfetto, che dovrebbe essere copiato da
tutti per gestire al meglio la vita dei rifiuti dopo la loro
differenziazione, senza dover ricorrere per forza alla discarica o alla termovalorizzazione, in un’ottica sempre più ‘zero waste‘. E anche un motivo per essere orgogliosi di una realtà italiana di eccellenza.
tuttogreen.it
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